martedì 7 maggio 2013
Enzo Carra: Andreotti era convinto di essere vittima degli americani
«Giulio Andreotti era convinto che una parte dell'amministrazione americana l'avesse messo nel mirino a causa della sua politica estera di apertura nei confronti del mondo arabo».
A dirlo è Enzo Carra, deputato della prima e seconda repubblica, compagno di partito di Giulio Andreotti ai tempi della democrazia cristiana. Passato - nella seconda repubblica - alla Margherita e poi al PD, per tornare nell'ultimo scorcio della scorsa legislatura all'Udc di Casini (che poi non lo ha ricandidato ndr) Carrà ricorda per Blogo.it la figura di Giulio Andreotti.
«Saranno gli storici a dare un giudizio su di lui - afferma l'ex parlamentare - non possiamo darlo noi. Lui considerava la Democrazia Cristiana un po' l'espressione della Chiesa universale. E' stato l'ultimo a capacitarsi che la Dc fosse finita. Non gli è sembrato vero».
Ricordando l'ex presidente del Consiglio, Carra dice: «Aveva una concezione della politica estera cattolica, nel senso di universalistica, sarebbe stato un ottimo segretario di stato Vaticano. Un suo rimpianto? Non essere stato direttore del Popolo, cosa di cui non si sapeva capacitare»
Parlando della vicenda del processo di Palermo, Carra ricorda: «Aveva un disprezzo nei confronti dei suoi accusatori che si tramutava in battute, sciabolate, mai in insulti. Credo che a tutto questo lui associasse una sorta di persecuzione da parte americana. Era convinto che almeno parti dell'amministrazione americana, forse per certe aperture con il mondo arabo, gliela avevano giurata. Una volta mi disse "vedi gli americani sembra che in certe materie solo loro possano rilasciare o ritirare le patenti agli altri". Insomma se loro trattano con gli arabi va bene, se lo facciamo noi, "ci ritirano la patente". Questo mi diceva nella metà degli anni '90. Considerava la persecuzione giudiziaria figlia anche di questi contrasti internazionali».
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