COLLEGATI AL SITO DEL COMITATO PER IL NAZIONALE

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giovedì 31 ottobre 2013

RIDURRE TUTTO AL ..... BERLUSCONIANO O NON BERLUSCONIANO . . . . .

Siamo sicuri che tutta la situazione di caos derivi dall'essere o meno berlusconiani?!?
Siamo sicuri che il voto della commissione del senato di ieri sia riferibile solo a "Berlusconi"?!?
La questione va letta diversamente, a mio parere tenendo ben presente quanto segue :
  • la sinistra ed il PD in particolare hanno delle divisioni interne che possono essere "sanate" solo se  GLI ATTUALI MAGGIORENTI DEL PD conquistano maggiore POTERE, ovvio che la sola RIVALSA nei confronti del CENTRODESTRA, vecchia di vent'anni,  non basta più al PD presto renziano......
  • il centro non è mai stato così disunito e debole come ora : Monti ha lasciato il partito che ha creato (Scelta Civica) - l'UDC farà un congresso a novembre "farsa" per legittimare politicamente le inadeguatezze di CASINI e dei "suoi" ......
  • il CENTRODESTRA - ha dovuto stringersi intorno al "CAPO" . . . . perchè chi non lo ha fatto farà la fine di "Fini".
BISOGNA CAMBIARE ROTTA, CAMBIARE LEADER!
E' giusto riconoscere che Berlusconi ha permesso all'Italia di non essere governata dai neo-STATALISTI sino ad oggi  - E' ASSOLUTAMENTE DOVERESO!

Ma è altrettanto necessario affidare la sorte del NOSTRO PAESE LIBERO e DEMOCRATICO ad una persona LIBERA E DEMOCRATICA ALTERNATIVA ALLA SINISTRA (NEO-STATALISTA).

Il Prof. Samorì è LA PERSONA GIUSTA non solo per le idee sino ad oggi diffuse e propagandate, ma SOPRATUTTO perchè la sua INTELLIGENZA PROFESSIONALE ED UMANA  messa al SERVIZIO del PAESE è la SOLUZIONE CHE TUTTI ASPETTIAMO . . . . .

Presidente, noi CI SIAMO e ti aiuteremo in questa IMPORTANTE AVVENTURA

                     

                                                                                                          Giorgio Cavazzoli
                                                                                                  (Popolari verso Forza Italia)

martedì 29 ottobre 2013

È applicabile o no? Giuristi divisi sulla decadenza

ROMA - Se può essere retroattiva è superata dall'indulto. La tesi espressa ieri sul Corriere dal Pdl Francesco Paolo Sisto sulla norma dell'incandidabilità suscita pareri divergenti. A settembre il Senato dovrà decidere se applicarla alla condanna di Berlusconi e farlo decadere da parlamentare. Ma anche i giuristi si dividono. E si va dai presidenti emeriti della Consulta, il saggio Valerio Onida e Cesare Mirabelli che bocciano la tesi del presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, al costituzionalista Paolo Armaroli che la sposa appieno e al collega Giovanni Guzzetta che la condivide e va oltre: la norma è incostituzionale, ci procurerà una condanna dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ma non preclude a Berlusconi il rientro nella competizione elettorale. In caso di nuove elezioni, spiega, «potrà comunque mettere il suo nome sul simbolo elettorale».
DECADENZA E VOTO - Spiega Guzzetta: «Ci sono in circolazione tutte le tesi possibili sulla natura dell'incandidabilità, se è penale, quindi irretroattiva, o amministrativa. Ma la Corte Europea guarda alla sostanza. Quella di non accedere ai pubblici uffici è decisamente una sanzione afflittiva e la norma è certamente retroattiva perché riguarda fatti precedenti alla sua entrata in vigore. Quindi viola la Convenzione europea della quale lo Stato deve tenere conto. E, secondo me, ci potrà essere un ricorso alla Corte Costituzionale». E chi potrebbe sollevarlo se non c'è un giudizio in corso? «La Giunta per le elezioni che è un organo giurisdizionale. In caso Berlusconi decadesse, comunque - prosegue Guzzetta - potrà essere votato». Come? «Sul simbolo i partiti possono richiamarsi al nome che vogliono. E sulla scheda potrebbe comparire il nome Silvio Berlusconi. In più, se la legge elettorale resta quella in vigore, lui potrebbe restare il capo della coalizione».
LA LEGGE SEVERINO - Per Cesare Mirabelli invece non c'è un problema relativo al fatto che la frode fiscale di Berlusconi sia stata compiuta prima della cosiddetta legge Severino, norma attuativa della legge sulla corruzione Monti- Cancellieri-Patroni Griffi-Severino. «La Severino - spiega - non prevede una sanzione penale accessoria alla sentenza ma viaggia per conto suo, prevedendo alcuni requisiti per chi voglia candidarsi al Parlamento e che si applicano anche a chi già vi siede. Non l'applica un giudice in sede di condanna ma la legge disciplina autonomamente l'ineleggibilità a determinate cariche. In ogni caso, non si tratta di una sanzione penale retroattiva ma è una norma che determina l'incapacità momentanea a ricoprire determinate cariche e funzioni. Dunque, l'unico modo per non applicarla al caso Berlusconi è quello di modificarla».
PENALE O AMMINISTRATIVO? - Per Onida invece la tesi di Sisto non tiene: «Non stiamo parlando di una sanzione aggiuntiva - spiega il costituzionalista - ma dei criteri su cui si fonda l'eleggibilità di un cittadino». Non è d'accordo Paolo Armaroli: «Si discute se la norma sia di carattere penale o amministrativo. Il fatto che sia una sorta di appendice alla legge sulla corruzione ci fa dire che va assimilata al campo penale. E qui è inammissibile la retroattività della legge, salvo fattispecie del passato come i passaggi dal fascismo e il nazismo alla democrazia».
LE DIMISSIONI - Per il giurista Stefano Passigli «il punto che Sisto dribbla è che la legge Severino è stata approvata prima della condanna definitiva di Berlusconi. E quindi va applicata. Le esigenze politiche non possono prevalere su logica giuridica». Per Giuliano Cazzola, Scelta Civica, «Berlusconi ha solo un modo per uscire dal cul de sac: dimettersi».
LA DECISIONE DELLA GIUNTA - Ma a decidere sarà la Giunta del Senato. Che farà il Pd? Felice Casson assicura: «Voteremo come è scritto nella legge, pacifica e lineare. Cioè a favore della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore». «Sulla non applicabilità della retroattività quelle di Sisto sono parole definitive. Guai a barare», avverte il Pdl Maurizio Gasparri. Ma la Pd Alessandra Moretti replica: «Non accetteremo ricatti».

lunedì 28 ottobre 2013

FORZA ITALIA . . . . SI RIPARTE

L’Ufficio di Presidenza del Popolo della Libertà, riunito a Roma oggi, venerdì 25 ottobre 2013:

1. Denuncia la persecuzione politica, mediatica e giudiziaria in corso da vent’anni contro il Presidente Silvio Berlusconi eletto liberamente e democraticamente da milioni di cittadini italiani. Un attacco che colpisce al cuore la democrazia, lo Stato di diritto, e il diritto alla piena rappresentanza politica e istituzionale di milioni di elettori.
 
2. Ritiene assolutamente inaccettabile la richiesta di estromissione dal Parlamento italiano del leader del centro-destra, sulla base di una sentenza ingiusta ed infondata e sulla base di una applicazione retroattiva di una legge penale (altresì contestata da numerosi e autorevoli giuristi), palesemente contraria ai principi della Costituzione italiana (art. 25) e della “Convenzione europea dei diritti dell’uomo” (art. 7).
 
3. Ribadisce l’impegno assunto solennemente dinanzi agli elettori, nella scorsa campagna elettorale, a battersi per un rilancio vero della nostra economia, in primo luogo attraverso una significativa riduzione della spesa pubblica e una corrispondente forte riduzione della pressione fiscale che grava su famiglie, imprese e lavoratori. In tal senso, i nostri rappresentanti di governo, governo a cui continueremo a dare il nostro sostegno, nel rispetto degli impegni programmatici assunti al momento dell’insediamento, i nostri deputati e i nostri senatori sono impegnati a contrastare ogni iniziativa che vada nella direzione opposta e a proporre efficaci misure per la ripresa della nostra economia in sintonia con le altre economie dei Paesi membri dell’Unione europea.
 
4. Ribadisce l’impegno per una riforma indifferibile della giustizia italiana, sia civile che penale, l’impegno per una riforma presidenzialista delle nostre istituzioni e l’impegno per un limpido bipolarismo, che veda un centrodestra liberale e riformatore alternativo alla sinistra italiana, come accade in tutti i Paesi dell’Occidente avanzato.
 
5. Ribadisce l’adesione alla grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa, il Partito Popolare Europeo, con cui condivide la carta dei valori e di cui fa parte dal 1999.
 
6. Delibera la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, per convergere verso il rilancio di “Forza Italia” già pubblicamente annunciato dal Presidente Berlusconi con un appello a tutti gli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi. “Forza Italia” è il Movimento a cui tanti italiani hanno legato e legano tuttora la grande speranza di realizzare una vera rivoluzione liberale e di contrastare l’oppressione giudiziaria, l’oppressione burocratica, l’oppressione fiscale
 
7. Ricorda che “Forza Italia” non è una parte, ma è un’idea, un progetto nazionale che unisce tutti e difende i valori della nostra tradizione cristiana, il valore della vita, della famiglia, della solidarietà, della tolleranza verso tutti a cominciare dagli avversari.

8.  Affida al Presidente Berlusconi pieno mandato politico e giuridico per attivare le necessarie procedure, anche attraverso le convocazioni degli organi statutari, per l’attuazione di questa Deliberazione Politica e gli conferisce le responsabilità connesse alla guida del Movimento per definire obiettivi, tempi e modi della nuova fase di attività secondo lo Statuto di “Forza Italia”.

domenica 20 ottobre 2013

Francia: non sposi i gay? Tre anni di prigione



di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana,  20 ottobre 2013
 
Il 18 ottobre 2013 il Consiglio Costituzionale francese ha assestato un altro colpo alla libertà di coscienza, stabilendo che i sindaci e gli ufficiali di stato civile non possono rifiutarsi di celebrare matrimoni omosessuali per ragioni morali o religiose. Se persistono nel rifiuto, sono passibili di una pena detentiva fino a tre anni. Di fronte ai diritto dei gay al matrimonio, non esiste secondo il Consiglio Costituzionale nessuna obiezione di coscienza.

Non si tratta di quattro gatti. I sindaci obiettori e gli eletti locali e nazionali che li sostengono in Francia sono oltre ventimila. E i laicisti, che si appellano tanto spesso e volentieri alla coscienza, sono riusciti a far prevalere l'idea che esistono «zone franche» - soprattutto quella dei diritti degli omosessuali - dove la libertà di coscienza non si applica.

Il problema è mondiale, e riguarda una frontiera cruciale della libertà minacciata dalla dittatura del relativismo. Nell'aprile 2012, nella loro lettera pastorale sulla libertà religiosa, i vescovi del Canada avevano levato la loro voce per ricordare la norma contenuta nel n. 2242 del Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. "Rendete [...] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22,21). "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29)».

Il problema era simile a quello francese: in Canada, spiegavano i vescovi, «in quattro Province (Colombia Britannica, Manitoba, Terranova, Saskatchewan) gli ufficiali di stato civile devono celebrare i matrimoni omosessuali oppure dimettersi dalle loro cariche pubbliche». Dimettersi? In Francia si va in prigione, e ci sono sindaci degli Stati Uniti finiti in carcere per le stesse ragioni.

I sindaci francesi faranno appello alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. ma con poche speranze. Infatti il 15 gennaio 2013 la stessa Corte ha dato torto alla signora Lilian Ladele in un caso che la opponeva alla Gran Bretagna.

La signora Ladele era un’impiegata municipale a Londra che si occupava di condurre matrimoni civili. Nel 2007, dopo che la Gran Bretagna aveva introdotto la celebrazione di unioni civili tra omosessuali, l’impiegata obiettò che la sua coscienza di cristiana le impediva di celebrarle. Dal momento che la legge britannica non prevede la possibilità di obiezione di coscienza in questi casi, fu licenziata.
Nel caso Ladele la Corte ha ritenuto che spetta ai tribunali nazionali decidere su quale debba prevalere tra due diversi diritti entrambi protetti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo così come interpretata dalla giurisprudenza della stessa Corte, il diritto degli omosessuali a non essere discriminati e il diritto alla libertà religiosa. Pertanto i tribunali inglesi avevano la legittima possibilità di far prevalere i diritti degli omosessuali. Il licenziamento della Ladele è stato confermato.

Nel caso Ladele anche la Corte Europea ha mostrato pericolosamente che, quando si tratta di matrimoni e unioni omosessuali, i giudici  ritengono che la libertà religiosa possa essere messa fra parentesi, negando il diritto all’obiezione di coscienza a pubblici funzionari. Corrono brutti tempi per la libertà di coscienza. Come dimostra in Francia la Manif pour Tous, la battaglia potrà essere vinta solo da un grande movimento di popolo. Di giudici e politici non c'è da fidarsi.

INTERESSANTE LETTERA DELL'ON. FITTO


CONGRATULAZIONI AD ANTONIO RUSSO - DA OGGI PAPA' DI GIOVANNI

IL M.I.R.-POPOLARI VERSO FORZA ITALIA SI CONGRATULANO CON IL PAPA' ANTONIO PER LA NASCITA DI GIOVANNI! AUGURI E TANTA FELICITA' ALLA FAMIGLIA RUSSO

Sondaggio Lorien: il PD si attesta al 30%. In lieve recupero il PDL, mentre calano SEL e FdI. Il M5S piomba sotto il 17%. Vantaggio del Centrosinistra sul Centrodestra a tre punti. Diminuisce l'astensionismo.


giovedì 17 ottobre 2013

MA....... COSA E' IL M.I.R. ??

Crisi politica e crisi economica: due temi di grande attualità ed interesse globale e generale, che si intersecano quotidianamente nella vita della nostra Società ormai disorientata, stanca, sfiduciata.
Le domande, sempre più frequenti, alle quali la classe dirigente continua a non dare risposte concrete, sono disperate e vane. “Quale società ci attende?”, “Quale sarà il futuro dei nostri figli e delle nostre famiglie?”, Quale futuro ci attende?
Le ultime elezioni politiche hanno ottenuto due importanti risultati: da una parte l’astensionismo, espressione di stanchezza e misfiducia esasperate; dall’altra parte “l’urlo di piazza” di una Società che ha bisogno di un cambiamento concreto, che non deve rimanere urlato, ma che si deve concretizzare nella quotidianità di ciascuno.
MIR Moderati in Rivoluzione, vuole garantire i tre valori necessari per portare l’Italia fuori dalla situazione di stallo attuale:
  • lo sviluppo del benessere economico diffuso;
  • la Libertà;
  • la Democrazia.
Basta privilegi personali ed istituzionali, basta distrazioni di risorse da privato a favore di apparati pubblici parassitari.
Valorizziamo il vero motore dello sviluppo economico di un Paese: i cittadini e le imprese.
Diamo valore ai territori, ai cittadini e alle esigenze della loro quotidianità, ascoltiamo e diamo risposte concrete impegnandoci in programmi a medio/lungo termine. Nessuno può pensare di cambiare la situazione attuale dall’oggi al domani. Il nostro è l’impegno di un’attività di ristrutturazione solida, efficace, antisismica.

martedì 15 ottobre 2013

Berlusconi: Lavoro per la coesione e l'unità del movimento La nota del Presidente


“Leggo sui giornali di stamani (sabato 12/10/2013 ndr)una serie di dichiarazioni che mi vengono attribuite in merito al mio movimento e che non ho pronunciato.

Al di la del malvezzo giornalistico di riportare sempre più spesso frasi nella migliore delle ipotesi distorte, nessuno può far finta di ignorare che sto lavorando proprio per la coesione e per l’unità del movimento. Questo é il mio unico obiettivo ed é certamente condiviso dai milioni di italiani che ci hanno votato e da tutti gli esponenti del Pdl. Nessuno vuol sentir parlare di contrasti e di frizioni, se non i nostri avversari. Continuerò a impegnarmi a fondo per non deludere i nostri elettori”.

lunedì 14 ottobre 2013

L'assessore TOSI del comune di CARPI GETTA LA MASCHERA

firma la mozione del COMPAGNO PIPPO CIVATI . . . . e sta con BELLELLI SINDACO
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ma con questo PD SINISTROSO DOVE VOGLIAMO ANDARE!?!?!?!?!?
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Ieri sera ho partecipato alla riunione di “Modena per Civati” ed in quella occasione ho firmato la sua candidatura alla segreteria nazionale del Partito Democratico.
Perché ho scelto Civati? Perché il Partito che ha in mente lui assomiglia molto a quello che immagino io, perché nel Pd che ho in testa i 101 traditori che hanno votato contro Romano Prodi non debbono più starci, perché temi come  lavoro, ambiente, merito debbono essere i TEMI del Partito, perché è ora che una generazione diversa e giovane prenda in mano le redini del proprio futuro, perché le modalità di fare politica in questo Paese e nel Pd debbono cambiare radicalmente, perché il Pd deve cambiare questo Paese,  quindi ho firmato per Civati segretario per tanti perché….

domenica 13 ottobre 2013

INTERESSANTE INCONTRO A CARPI - IL POETAR PADANO . . . PER NON DIMENTICARE LE TRADIZIONI

POETAR PADANO EDIZIONE 2013
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ASSOCIAZIONE CULTURALE IL PORTICO - CARPI















INTROVIGNE DI ALLEANZA CATTOLICA - INTERVENTO INTERESSANTE



Massimo Introvigne (Roma, 14 giugno 1955) è un sociologo, filosofo e scrittore italiano. È il fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi e dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto nell'ambito dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) il ruolo di Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni. Dal giugno 2012 è coordinatore dell'Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli Esteri italiano in collaborazione con Roma Capitale.
Introvigne è membro della sezione di Sociologia della Religione dell'Associazione Italiana di Sociologia[1] ed è autore di oltre sessanta libri, tra i quali l'Enciclopedia delle religioni in Italia, e centinaia di articoli nel campo della sociologia della religioni.
È anche un consulente in proprietà industriale, specializzato in proprietà intellettuale.
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Quel che resta del berlusconismo
 
di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana,  13 ottobre 2013

Lunedì 21 ottobre incontro di Alleanza Cattolica a Torino su questo tema con Massimo Introvigne, Marco Invernizzi, Mauro Ronco. Diretta streaming su www.livestream.com/vm4860

Gli editoriali che si susseguono su diversi quotidiani nazionali hanno un punto in comune. Manifestano, oppure criticano, l'incapacità della sinistra italiana di capire il berlusconismo, e la fretta di ridurlo - come già avvenne per il fascismo - a una semplice «parentesi» nella storia d'Italia. Questo atteggiamento non è casuale. Deriva da un errore sociologico che risale a Friedrich Engels (1820-1895) e alla prima Scuola di Francoforte, attiva in Germania fra le due guerre mondiali e che cercava di mettere insieme marxismo e psicanalisi.
Secondo la visione della storia di Karl Marx (1818-1883) e di Engels, il cammino storico è sì accidentato ma si muove in una direzione precisa: quella del «progresso», che culminerà nella società socialista e nel comunismo. La necessità di questo esito può essere provata scientificamente ricorrendo all'economia, che per Marx è la scienza delle scienze. Questa scienza proverebbe che i «lavoratori» - in particolare, ma non solo, gli operai - sono destinati ad acquisire sempre maggior peso sociale. E, siccome questi lavoratori sono per definizione progressisti - ancorché abbiano bisogno del Partito Comunista per rendersene conto -, ecco che la direzione progressista della storia è ineluttabile.
La Scuola di Francoforte si trovò di fronte al dramma dell'ascesa del fascismo in Italia e del nazional-socialismo in Germania. I suoi esponenti dovettero ammettere negli anni  1930 che il fascismo e il nazismo erano genuinamente popolari, e che fra i loro sostenitori non c'erano solo «ricchi» ma anche milioni di «lavoratori», il che metteva in crisi la teoria marxista. I «lavoratori», che avrebbero dovuto essere antifascisti, invece erano in buona parte fascisti.
Questo problema - si resero conto i teorici di Francoforte - non era nuovo. Engels se l'era già posto a proposito di movimenti ancora più reazionari, secondo lui, della destra politica: le grandi religioni. Anche queste erano cresciute grazie al sostegno di milioni di poveri, non solo dei ricchi. Com'era stato possibile?
Una prima spiegazione - che Engels usava per Muhammad (570-632), il fondatore dell'islam, ma non è che Gesù Cristo gli fosse tanto più simpatico - era che i leader religiosi fossero affetti da patologie - erano schizofrenici o epilettici - o presentassero quelle deformazioni della psiche che la scienza dell'Ottocento attribuiva ai grandi criminali: e che questa follia o depravazione li rendesse in qualche modo affascinanti. La Scuola di Francoforte applicò la stessa interpretazione a Adolf Hitler (1889-1945) o Benito Mussolini (1883-1945), riducendoli a casi da manicomio criminale.
Ma la spiegazione non convinceva. Ammettendo anche che Muhammad, o Mussolini, fossero pazzi, non si spiegava perché alcuni pazzi «perdono» e finiscono all'ospedale psichiatrico e altri «vincono» e radunano milioni di seguaci. Quando nella sua totalità la Scuola di Francoforte scappò dalla Germania nazista e si trasferì negli Stati Uniti, l'analisi si fece più sofisticata. Si sostenne che i folli criminali che hanno successo nella storia si distinguono per la loro sagacia nell'uso della propaganda. Theodor Adorno (1903-1969) e Max Horkheimer (1895-1973) diedero persino la colpa ai fumetti, che avrebbero veicolato ideologie «di destra», così sottilmente imposte dalle «destre» ai «lavoratori», incorrendo nei giustificati lazzi di Umberto Eco, uomo di sinistra ma grande estimatore dei fumetti.
La sinistra italiana si è trovata di fronte allo stesso problema con Berlusconi. Finita la Prima Repubblica, la direzione della storia e del «progresso» era chiara: i «lavoratori» avevano vinto - con un piccolo aiuto dei magistrati - e la sinistra sarebbe andata al potere. Invece, nel 1994, vinse Berlusconi, con numeri che dimostravano come non avessero votato per lui solo i «ricchi». La sinistra italiana - rimasta più marxista di quelle di altri Paesi - applicò gli schemi di Engels e della Scuola di Francoforte. Cominciò a sostenere che Berlusconi era un «gangster» - nelle ultime settimane Eugenio Scalfari ha rivendicato più volte di essere stato il primo a usare questa espressione per il Cavaliere, prima ancora che entrasse in Parlamento - affetto da vere patologie psicologiche se non psichiatriche. E continuò con la seconda spiegazione: il gangster malato vinceva grazie alla sua abilità nell'uso dei mezzi di propaganda - stavolta (il progresso vale anche per i cattivi) non i fumetti ma la televisione. La sinistra ha continuato per vent'anni a spiegare il berlusconismo con queste categorie. E ha continuato a perdere.
Giunge ora come un soffio di aria fresca il libro di uno storico accademico, Giovanni Orsina, «Il berlusconismo nella storia d'Italia» (Marsilio, Venezia 2013), che fa piazza pulita di queste idee davvero stantie. Orsina è molto attento a non offendere i suoi colleghi legati alla vulgata marxista, e a chiarire che neppure a lui è troppo simpatico Berlusconi - a sostenere il contrario si rischia di perdere la cattedra o peggio -: ma rovescia completamente l'interpretazione corrente.
Se Berlusconi sia o meno affetto da turbe psico-patologiche o sia un delinquente nato è cosa, suggerisce Orsina, che interessa abbastanza poco allo storico o al politologo - meno ancora al sociologo, aggiungo io -, dal momento che la vera domanda è perché il suo messaggio abbia avuto successo. Né tutto si può spiegare con la televisione e il denaro. La potenza di fuoco mediatica della sinistra non è mai stata veramente inferiore a quella del Cavaliere. Si tratta dunque finalmente di spostarsi dal mezzo al messaggio, cercando di capire perché i contenuti di Berlusconi abbiano sedotto tanti italiani. Qui sta il centro del libro di Orsina, la cui argomentazione riposa su un'intuizione che mi sembra brillante e corretta.
Per capire Berlusconi, sostiene Orsina, dobbiamo tornare al Risorgimento, quando l'Italia fu fatta contro la maggioranza degli italiani. La classe dirigente politica e culturale del Risorgimento voleva rifare gli italiani. Si riempiva la bocca con l'elogio degli italiani ideali, ma degli italiani reali aveva «ribrezzo». Di qui una robusta politica che Orsina definisce non solo pedagogica ma «ortopedica»: gli italiani andavano rieducati e rifatti, se del caso ingessandoli e intervenendo chirurgicamente. Da questo punto di vista, insiste Orsina, nonostante le evidenti differenze, il fascismo e la Prima Repubblica non furono poi tanto diversi dall'Italia del Risorgimento. Anche il fascismo - e perfino la Prima Repubblica, dal momento che i suoi leader erano cattolici liberali e progressisti che accettavano nella sostanza la narrativa risorgimentale - erano «ortopedici» e volevano rifare gli italiani, considerati intrinsecamente disordinati, lavativi, evasori fiscali, ribelli allo Stato e alle sue leggi.
Rispetto a questa lunghissima storia, Berlusconi rappresentò una vera rivoluzione copernicana. Scese in campo affermando «L'Italia è il Paese che amo» e dichiarando che prima che gli italiani rispettassero le leggi occorreva sincerarsi che le leggi rispettassero gli italiani. Per la prima volta - non in assoluto, ma nell'ambito di forze politiche in grado di vincere le elezioni e andare al governo - qualcuno rovesciava l'ideologia risorgimentale: gli italiani - affermava Berlusconi - sono già fatti, vanno benissimo così o quasi, si tratta semmai di rifare l'Italia, cioè lo Stato e la politica che per decenni si sono costruiti contro il Paese reale.
Miscela di populismo e di liberalismo economico, il berlusconismo - ci spiega Orsina - ebbe enorme successo proprio per questo rovesciamento. Il Cavaliere capì che in Italia c'erano milioni di elettori «di destra» che si turavano il naso e votavano DC ma in realtà non condividevano neppure il dossettismo filo-risorgimentale della classe dirigente democristiana. 
Tuttavia - è la seconda parte del libro di Orsina - il berlusconismo è fallito. Non perché alla fine il Cavaliere abbia dovuto soccombere ai giudici - in una loro parte di rilievo, espressione eccellente di quella mentalità «ortopedica» e anti-italiana - ma perché, sottovalutando forse quanto gli «ortopedici» avessero occupato tutti i gangli vitali e culturali della società italiana, non riuscì mai veramente a rovesciarne i metodi e i programmi.
Qui, però, mi separo in parte da Orsina. La rivoluzione di Berlusconi - che ha certo avuto qualche risultato parziale positivo - è fallita non solo per le ragioni indicate dallo storico, ma - o così penso io - perché il Cavaliere non ha mai chiarito, a se stesso e a chi lo ascoltava,  che cosa esattamente amasse dell'Italia. Si è limitato per lo più a dire che l'Italia com'era - quella disprezzata dagli «ortopedici» a partire dal Risorgimento - gli piaceva perché era fantasiosa, creativa, intelligente, spiritosa, piena di amore contrapposto all'odio spacciato dalle ideologie. Tutte belle cose, ma che non toccano la sostanza. Gli intellettuali risorgimentali e post-risorgimentali e i loro mandatari politici odiavano e odiano gli italiani non perché sono creativi o spiritosi ma perché sono cattolici. Sono cattolici anche se non vanno a Messa, come dimostrano tante reazioni spontanee agli eccessi del laicismo. Per mentalità personale, per calcolo politico, per timore dei «poteri forti», per i collaboratori che si è scelto Berlusconi non ha mai dato eccessivi contenuti alla sua apologia dell'Italia reale, né è mai arrivato a dire la verità sul carattere intrinsecamente cattolico dell'ethos italiano. Per questo, la sua rivoluzione contro il «partito anti-italiano» è sempre rimasta a metà, e finalmente è fallita.
Ma il libro di Orsina dimostra pure che una critica della cultura «ortopedica» e anti-italiana, anche radicale, ha un grande potenziale elettorale. Dopo Berlusconi, l'errore più fatale che il  centro-destra italiano può commettere è quello d diventare la «destra moderna» alla Cameron o alla Chirac che non a caso invocano i vari Scalfari: una destra un po' massonica, laicista, attenta ai «nuovi diritti» che occupi la nicchia meno entusiasta del vasto campo degli «ortopedici» e dia anche lei il suo modesto contributo al tentativo di rifare gli italiani. Questa «destra moderna» non serve e non raccoglie neppure voti: lo dimostra la parabola di Gianfranco Fini. Dopo Berlusconi si tratta dunque non di attenuare, ma al contrario di rafforzare e rendere semmai più dura e radicale la critica al «partito anti-italiano» e alle politiche «ortopediche», una critica che deve necessariamente coinvolgere il Risorgimento, il fascismo e anche la Prima Repubblica. Ma la durezza verbale non basterà. Per cambiare le cose non basta urlare più forte. Occorrerà riempire questa critica di contenuti, scavare nell'ethos nazionale italiano disprezzato e conculcato da centocinquant'anni. Scavando, non si potrà che incontrare il cattolicesimo.

venerdì 11 ottobre 2013

CONVEGNO INTERESSANTE A FERRARA IL 19 OTTOBRE 2013

sabato 19 ottobre: si terrà proprio a Ferrara – presso la Casa Mons. Ruggero Bovelli  in Via Montebello 8, dalle ore 11 alle 12,30 e dalle ore 14,30 alle 18 - un Convegno di respiro nazionale su Chiesa Cattolica e Massoneria che vedrà la partecipazione di Massimo Introvigne (Reggente Nazionale Vicario di Alleanza Cattolica) di Marco Invernizzi (esponente nazionale di Alleanza Cattolica e storica voce di Radio Maria), di Giancarlo Cerrelli (Vice Presidente Nazionale dei Giuristi Cattolici) e sarà concluso dal nostro Arcivescovo Monsignor Luigi Negri.

MONITOR POLITICO ODIERNO - ELABORATO DA TECNE'


auguri RICCARDO!!!!!!!!

OGGI IL COORDINATORE DEL M.I.R. - TERRE D'ARGINE COMPIE GLI ANNI!

AUGURI


DA TUTTI GLI AMICI DEL M.I.R. E DI FORZA ITALIA!
RICCARDO RUBBIANI

martedì 8 ottobre 2013

GUARDA L'NTERVENTO DEL PRES. SAMORI' NELLA PUNTATA ODIERNA DI AGORA' SU RAI TRE

BUONA VISIONE E "CLICCA" IL LINK SOTTOSTANTE

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-5547a429-539a-4e92-bb49-7054dc44790b.html

meditazione giornaleira . . . .

Immagine in linea 1
Alleanza Cattolica 

Immigrati, il problema è da dove fuggono
di Mons. Luigi Negri *
La nuova Bussola Quotidiana,  8 ottobre 2013
Ascoltando le reazioni alla tragedia di Lampedusa non si può fare a meno di rilevare una ipocrisia così diffusa che finisce per essere una connivenza, una collusione con i responsabili di questa situazione che sembra incredibile in una realtà sociale come quella in cui viviamo.

Come pochi vanno ripetendo da molto tempo, il problema degli sbarchi non è la questione che spiega ciò che è accaduto. In questo senso hanno perfettamente ragione coloro che dicono che queste tragedie si potranno ripresentare a scadenze che sono anche largamente prevedibili sul piano temporale, se non si affronta la questione in tutti i suoi fattori e identificando le responsabilità.

Anzitutto però è doveroso riconoscere che il popolo italiano, in questo caso come in tutti i casi precedenti, ha mostrato una generosità e una capacità di dedizione che fa onore alla nostra etnia; perché il nostro è un popolo coraggioso, generoso, che si assume le responsabilità anche oltre il dovuto. Vedere come questa gente anche in questo caso si è prodigata per ridurre l’entità della strage, è una cosa che ci fa onore. Perciò ben venga un amplissimo riconoscimento a questa popolazione,  come quello del premio Nobel per la pace, che così si riscatterebbe da altre e ben più infelici attribuzioni date in un passato recente, vedi Obama.

Ma la vera questione è guardare da dove queste persone fuggono. Non si può affrontare il problema prendendo in esame solo lo sbarco. Deve essere detto con chiarezza che sono gravissime le responsabilità della comunità internazionale perché queste persone fuggono da Stati dove non c’è libertà, non c’è pane, non c’è giustizia, dove i diritti dell’uomo e della donna vengono sistematicamente calpestati, dove - ci piaccia o no - un’ideologia di carattere religioso copre e giustifica tutto questo, dove esistono satrapie locali intollerabili nel terzo millennio, gente che vive concedendosi un lusso sfrenato depauperando le risorse del popolo e della nazione. E questi regimi sono stati e sono sostenuti non solo dai paesi occidentali, ma anche dalla Russia, dalla Cina. Sono sostenuti per motivi economici o strategici, per accedere a fonti energetiche o per il business della vendita delle armi.

E’ assurdo che la comunità internazionale non riesca a stroncare il traffico di morte di questi scafisti, dietro i quali magari – visti gli interessi economici pazzeschi - si celano organizzazioni insospettabili del mondo occidentale, o dell’Estremo Oriente, o della Russia.

La prima cosa da cambiare è l’atteggiamento verso questi Stati e regimi, che non devono essere più favoriti. Secondo: ci vuole un’azione forte e decisa che stronchi questo indegno commercio di esseri umani che, come ha detto il Papa, vengono spinti dalla fame e dalla mancanza di libertà, vengono da noi in Occidente, nei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo in cerca di vita, di libertà e dignità, e muoiono come animali nei nostri mari.

Bisogna poi chiedersi che senso abbia tutto questo pullulare di commissioni, sottocommissioni, di strutture dell’Onu, dell’Unione Europea che appaiono come  luoghi di enormi vaniloqui, di movimenti di opinione di carattere ideologico che non si misurano mai in maniera positiva e costruttiva con il problema. Centinaia e centinaia di funzionari dell’Onu che passano il tempo a discutere di questi problemi in studi ovattati a migliaia di chilometri dal teatro delle tragedie. E in Europa non si può scaricare il problema sulle legislazioni nazionali: se ci sono 28 diverse legislazioni ciò non impedisce che si arrivi a un minimo di uniformità e di intesa, che ci si assuma delle responsabilità precise, operative ed energiche.

E ancora: il Medioevo cristiano di cui si parla così male perché lo si ignora, ha comunque difeso le identità dell’Occidente; ha difeso la libertà, la cultura e la civiltà dell’Occidente impegnandosi in confronti che hanno avuto qualche volta la caratteristica di uno scontro duro. Non si può affrontare questi problemi senza chiedersi fino a che punto una ideologia di tipo religioso che certamente caratterizza il mondo islamico, o una parte di islam che è certamente determinante sul piano pratico, sia responsabile del fanatismo in parte dei luoghi di partenza, che provoca un esodo di tutti coloro che rischiano di essere schiacciati.

Quando si discute questi problemi non si può semplicemente buttare la responsabilità sulle istituzioni dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, o sull’adeguatezza o meno delle leggi che regolamentano questa materia: si deve aprire il discorso a monte sulla situazione degli Stati da cui questa gente fugge. E su questo punto bisogna che ci sia un atteggiamento non equivoco; non che su una sostanziale connivenza poi si facciano dei distinguo di carattere buonistico e reattivo.

Questo è certamente, come ha ricordato papa Francesco, il momento del dolore; ma un dolore che deve dar luogo a una azione di conoscenza della situazione e a una pressione sulle istituzioni internazionali perché il problema venga affrontato secondo tutta la sua profondità di analisi e soprattutto con la volontà di passare a una soluzione operativa.
Altrimenti gridando, indignandosi, con inutili silenzi o giornate di lutto nazionale, si può rischiare di creare un’ideologia della reazione e dell’indignazione che non dà luogo a nessuna operazione costruttiva.
Come dice l’enciclica di papa Francesco la fede vissuta come esperienza di vita, come criterio di giudizio, come etica nuova e soprattutto come impeto missionario nuovo pone nella società una scia di luce che illumina la vita e le situazioni sociali. Allora è giusto chiedere, non solo ai cattolici ma anzitutto ai cattolici, che la loro sia una presenza intelligentemente motivata e operativamente adeguata; e una assunzione di responsabilità senza cedere ad alcun ricatto, che farebbe diventare conniventi con i responsabili di queste immani tragedie.

Non è l’indignazione a impedire che tali tragedie avvengano. I problemi possono cominciare ad essere avviati a una certa soluzione se tutti – singoli, popoli, gruppi, nazioni e soprattutto istituzioni internazionali – si prenderanno la loro responsabilità.

* Arvivescovo di Ferrara e Comacchio

lunedì 7 ottobre 2013

DOMANI IL PRESIDENTE PROF.AVV. GIANPIERO SAMORI' OSPITE SU RAI 3


IMPORTANTE!!!!!!!!!!!!

Cari Amici 

domani Martedi 8/10/2013 dalle ore 08.00 alle 10.00 la puntata  di AGORA' su RAI 3 sarà dedicata a: "La diaspora del PDL".



Interverrà il nostro Presidente 
Prof. avv. Gianpiero Samorì

.....MEDITAZIONE GIORNALIERA

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Alleanza Cattolica 

«È la mondanità spirituale che uccide la Chiesa»
di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana,  7 ottobre 2013
Il 4 ottobre 2013 Papa Francesco si è recato in pellegrinaggio ad Assisi, dove ha pronunciato diversi discorsi. Come ha rilevato su queste colonne Riccardo Cascioli, qualcuno si attendeva novità radicali sulla rinuncia della Chiesa alle sue vere e presunte ricchezze, ma Francesco ha liquidato le anticipazioni giornalistiche come «fantasie», una grande lezione a chi prende per buono il Papa riveduto e corretto dai giornalisti.

«In questi giorni - ha detto Francesco incontrando i poveri della Caritas nella Sala della Spoliazione del vescovado di Assisi - sui giornali, sui mezzi di comunicazione, si facevano fantasie. “Il Papa andrà a spogliare la Chiesa, lì!”. “Di che cosa spoglierà la Chiesa?”. “Spoglierà gli abiti dei Vescovi, dei Cardinali; spoglierà se stesso”». Certamente, come san Francesco (1182-1226) si spogliò delle sue vesti di giovane ricco e mondano, anche la Chiesa deve «spogliarsi». Però «quando nei media si parla della Chiesa, credono che la Chiesa siano i preti, le suore, i Vescovi, i Cardinali e il Papa. Ma la Chiesa siamo tutti noi!». Se dunque «dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione». «Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano - dicono - senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero!».

La domanda che il Papa si è posto è: «Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?». La risposta è chiara, e si situa su un piano del tutto diverso dalle «fantasie» giornalistiche. «Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. È un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!».

Francesco è tornato su un tema chiave del suo Magistero: la mondanità spirituale. È certamente necessario, ha affermato, spogliarsi della mondanità materiale, che è la brama di ricchezze e di denaro. Ma per la Chiesa una tentazione ancora peggiore è la mondanità spirituale, che è tanto più insidiosa in quanto colpisce anche chi alla mondanità materiale ha rinunciato. È il fare il bene, magari farsi anche materialmente poveri, ma per l’applauso del mondo o per mero umanitarismo e non per Dio. «Spogliarsi di ogni mondanità spirituale, che è una tentazione per tutti» - ha spiegato il Papa - significa allora «spogliarsi di ogni azione che non è per Dio, non è di Dio». Un’azione che è anche buona e benefica in astratto, ma che non è fatta per Dio. «La mondanità ci fa male. È tanto triste trovare un cristiano mondano». «È proprio ridicolo che un cristiano - un cristiano vero - che un prete, che una suora, che un Vescovo, che un Cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa!».

Incontrando i bambini disabili e ammalati, Francesco ha ancora una volta condannato la «cultura dello scarto», che rifiuta i più deboli e talora li elimina fisicamente anziché accoglierli, come dovrebbe fare una vera «civiltà umana e cristiana». E nell’omelia della Messa in Piazza San Francesco - dove ha invocato pace per la Siria e anche per la turbolenta vita politica di quell’Italia che ha in san Francesco il suo patrono - ha chiarito qual è la vera lezione del santo di Assisi, da non confondersi con un «san Francesco che non esiste», «sdolcinato» e «panteista», un’invenzione moderna cui purtroppo tanti hanno prestato fede.

«La pace francescana - ha detto il Pontefice - non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”». Francesco è diventato santo davanti al crocifisso, pregando e adorando, e insegnandoci a fare altrettanto. Senza la preghiera e l’adorazione san Francesco non esiste, è un falso san Francesco. «San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce».

Così pure, è giusto ad Assisi chiedere «il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul creato per distruggerlo». Ma senza panteismi che neghino il ruolo centrale dell’uomo, senza mai dimenticare che san Francesco vuole anche «che l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio - il Creatore - lo ha voluto».

Come tradurre questo spirito in azione pastorale? Ripartendo - ha detto il Papa nella cattedrale di San Rufino incontrando la comunità diocesana - dalla Parola di Dio: «dobbiamo diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole». «Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse [...]. Bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono!». Chi pensa di trasmettere senza ricevere annuncia la sua parola e non quella di Dio. In chiesa ne nascono le «omelie interminabili, noiose», in famiglia un’educazione che, più che la Parola di Dio, trasmette «la parola del telegiornale», in parrocchia le gestioni burocratiche e anonime mentre i vecchi parroci conoscevano il nome di tutti i fedeli, e - ha detto Francesco - perfino «il nome del cane» di ogni fedele, tra gli sposi l’incapacità di perseverare senza separarsi, mentre il consiglio del Papa alle coppie è: «Litigate quanto volete. Se volano i piatti, lasciateli. Ma mai finire la giornata senza fare la pace! Mai!».

Nell’incontro con i giovani dell’Umbria il Pontefice è tornato sul tema del matrimonio, con un altro consiglio pratico che ha strappato il sorriso: «Quando viene da me una mamma che mi dice “Ho un figlio di trent'anni ma non si sposa, non si decide, ha una bella fidanzata ma non si sposano”, io le rispondo “Signora, non gli stiri più le camicie!”». Ma la battuta si collega a una meditazione profonda sulla perdita del senso del matrimonio nella nostra società: «La società in cui voi siete nati privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia, le relazioni che durano finché non sorgono difficoltà, e per questo a volte parla di rapporto di coppia, di famiglia e di matrimonio in modo superficiale ed equivoco. Basterebbe guardare certi programmi televisivi».

Francesco - che nel discorso ai giovani ha esaltato la verginità per il Regno di Dio e il celibato sacerdotale come «la vocazione che Gesù stesso ha vissuto» - ha voluto incontrare le suore clarisse nella Basilica di Santa Chiara, per ribadire il ruolo indispensabile della vita contemplativa nella Chiesa. Infatti, è dalla contemplazione che nasce la capacità di comprendere e di aiutare. Il segno che la contemplazione è adeguata e feconda è la gioia. «A me da tristezza - ha detto il Papa - quando trovo suore che non sono gioiose. Forse sorridono, ma … con il sorriso di un’assistente di volo, no? Ma non con il sorriso della gioia, di quella che viene da dentro, eh? Sempre con Gesù Cristo. Oggi nella Messa, parlando del Crocifisso, dicevo che Francesco lo aveva contemplato come con gli occhi aperti, con le ferite aperte, con il sangue che veniva giù: e questa è la vostra contemplazione, la realtà. La realtà di Gesù Cristo. Non idee astratte. Non idee astratte, perché seccano la testa!».

Scherzosamente, Francesco ha invitato le clarisse a non essere «troppo spirituali», ricordando come la «fondatrice dei monasteri della concorrenza vostra, Santa Teresa» (d’Avila, 1515-1582), quando si presentava una novizia con ubbie mistiche diceva alla cuoca: «Dalle una bistecca». «Ricordatevi della bistecca di Santa Teresa», ha raccomandato il Papa alle suore, esortandole anche a vivere in comunità senza chiacchiere e maldicenze: «Il diavolo approfitta di tutto per dividere! Dice: ‘Ma … io non voglio parlare male, ma …’, e incomincia la divisione».

Quelle sul primato della contemplazione e sul matrimonio sono verità da trasmettere senza paura, non dimenticando di andare alle «periferie», che - il Pontefice lo ha voluto spiegare per l’ennesima volta in cattedrale - «sono luoghi, ma sono soprattutto persone» lontane dalla Chiesa, magari «di classe media» e tutt’altro che povere, ma dove si trovano bambini che «non sanno farsi il segno della croce» e adulti che ignorano le verità elementari del Catechismo. «Queste sono vere periferie esistenziali, dove Dio non c’è».

«Non abbiate paura di uscire - ha concluso il Papa - e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso “si è sempre fatto così!”. Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva!».