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giovedì 24 gennaio 2013

Monte dei Paschi di Siena .... Pci-Pds-Pd .... la banca del Partito


Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, afferma di essere d'accordo con Renzi sulle "evidenti responsabilita' politiche senesi" nelle vicende del Monte dei Paschi di Siena. Casini pero' sottolinea che con si tratta di un regalo all'Mps perche' "sono prestiti".
"Lo Stato - prosegue Casini - ha il dovere di garantire i risparmiatori. Nessun governo lascia le banche al loro destino, perche' sarebbe come lasciare gli italiani al loro destino. Se ci sono stati reati penali, la Magistratura acclarera' le responsabilita'. Il nostro sistema bancario e' pero' sano".
L'ex presidente della Camera tira una stoccata ai banchieri: "Non funziona un sistema dove i banchieri hanno stock option miliardarie".
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La Banca d’Italia è stata ingannata. «La vera natura di alcune operazioni» messe in campo da Mps era nei «documenti tenuti celati all’Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza» e ora «all’attenzione della Vigilanza e dell’Autorità giudiziaria, in piena collaborazione». La nota ufficiale di Via Nazionale (impegnata in un’ispezione a Siena da metà 2011 a metà 2012) arriva come una sentenza clamorosa per il Monte dei Paschi di Siena alla fine di una giornata di bufera per i titoli dell’istituto travolti (-8,43%) da un’ondata di vendite. Una bufera che colpisce nuovamente al cuore la Fondazione Mps, l’azionista di maggioranza che dal 2008 al 2011 per ben due volte ha messo mano al portafoglio per sostenere la doppia ricapitalizzazione necessaria (da 5 miliardi e 2,2 miliardi). 

Non a caso fonti vicine all’ente presieduto da Gabriello Mancini non escludono un’azione di responsabilità nei confronti della vecchia gestione (l’ex presidente Giuseppe Mussari, da martedì dimissionario anche dalla presidenza dell’Abi, e il direttore generale Antonio Vigni), una mossa che potrebbe già essere anticipata nel corso dell’assemblea straordinaria del Monte in calendario domani e che si preannuncia particolarmente infuocata. 

L’IMPATTO SUI CONTI
Lo stesso presidente di Mps, Alessandro Profumo, ieri si è detto pronto a «tutelare» la banca, concluse le dovute valutazioni. Nel frattempo tocca proprio a Profumo e all’ad Fabrizio Viola provare a fare chiarezza: «L’impatto preciso» sui conti delle tre operazioni strutturate sotto esame si capirà «entro metà febbraio», ma per il momento sembra che i 500 milioni di Monti bond aggiuntivi (in totale 3,9 miliardi) possano garantire «un’adeguata copertura», spiega una nota della banca. Che però non esclude «una rinegoziazione» favorevole delle operazioni.

Precisazioni dovute, sollecitate dalla Consob al termine di un’altra giornata da dimenticare per le azioni Montepaschi. In sole due sedute di Borsa l’istituto ha lasciato sul campo il 14% del suo valore (fino a quota 0,25 euro) tra scambi più che doppi rispetto alla media dell’ultimo mese (solo ieri è passato di mano il 6% del capitale). Del resto, il buco-derivati potrebbe fare arrivare vicino ai 2 miliardi il rosso del bilancio di Mps.
Con la debacle di ieri il titolo ha praticamente annullato il rally messo a segno nelle ultime settimane dopo l’applicazione soft dei requisiti patrimoniali di Basilea III, annunciata il 7 gennaio. Rispetto ai minimi del 10 dicembre scorso le azioni Mps mantengono comunque un bilancio positivo (più 33%), ma sono ben lontane dai massimi del maggio 2007, quando il valore superava 3,5 euro. 

LE RESPONSABILITÀ
«Stiamo facendo trasparenza su operazioni di investimento con pronti contro termine (non solo derivati)», dice Profumo in serata al Tg1, sicuro di riguadagnare «la reputazione che meritiamo».
Proprio nel tentativo di fare trasparenza, la stessa nota dell’istituto diffusa a mercati chiusi sembra fare un po’ di chiarezza anche sulle responsabilità in campo: le operazioni incriminate non sono state sottoposte all’ok del cda perchè «ciascuna rientrava nei poteri delle strutture preposte alla gestione operativa», spiega la banca. Vale a dire la struttura che faceva capo al direttore generale Vigni. Che poi avrebbe omesso di darne notizia a Bankitalia e alla Consob.

Tre le operazioni oggetto dello scandalo. Due investimenti in Btp a lunga durata (Santorini e Alexandria) e un solo derivato con sottostante rischio sovrano (Nota Italia). Le prime due (una già liquidata nel 2009 e l’altra rimborsata dalla banca a dicembre) «rappresentano investimenti in Btp a lunga durata, finanziati attraverso operazioni di pronti contro termine (su titoli di Stato italiani) le cui cedole sono state oggetto di asset swap al fine di gestire il rischio tasso assunto». 

In questo caso l’analisi in corso riguarda il costo dei finanziamenti e «il potenziale pricing in collegamento con investimenti pregressi» (cioè un pacchetto di azioni Intesa Sanpaolo per Santorini e delle obbligazioni «salsiccia» garantiti da mutui e da obbligazioni aziendali per Alexandria). Nota Italia, invece, è un derivato, «un investimento del 2006 in un prodotto di credito strutturato al quale era associata la vendita, da parte della banca, di protezione sul rischio della Repubblica Italiana». Uno strumento già ristrutturato, assicura Mps. Sullo sfondo si muove anche Consob, pronta a convocare collegio sindacale e revisori.

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