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venerdì 29 novembre 2013

TUTTI ALLA MANIFESTAZIONE DEL C.O.S.A.N. OGGI

CONVOCAZIONE ALLA PRIMA MANIFESTAZIONE DI COSAN !!!

Cari amici,
sabato 30 novembre alle ore 16, il Comitato Cosan farà la sua prima manifestazione pubblica in via dell'Industria, davanti alla nuova palestra (quella azzurra vicino al cinema) per dire alla città quanto sono modenacentrici gli amministratori della sanità,
politici regionali e provinciali, aggiungendo poi quanto sono deboli e silenziosi i politici carpigiani.

La palestra non c'entra con la sanità, ma sarà presente Errani per l'inaugurazione, e lui sì che c'entra con la sanità.

Dopo la palestra ci sposteremo davanti al teatro ( dove pure ci sarà Errani per l'inaugurazione).
Il problema è che la Regione e l'ASL provinciale hanno destinato 75 milioni al Policlinico
di Modena, facendolo passare come danneggiato dal sisma, e 11 al Ramazzini di Carpi che danneggiato lo è stato veramente. Continua una politica sanitaria inadempiente rispetto allo stesso
piano ( PAL) che loro stessi avevano preparato.

Con 75 milioni si costruisce quasi un ospedale nuovo al servizio di Carpi e di tutta la Bassa.

Queste cifre le scriveremo su un lungo lenzuolo.

Siamo molto ARRABBIATI.

Se non diluvia, proviamo ad essere in tanti.

A sabato

CONDIVIDIAMO UNA MAIL INVIATA DAL CONSIGLIERE COMUNALE DI CARPI - ROBERTO BENATTI DI F.I.


giovedì 28 novembre 2013

Il Presidente Samorì ospite di “Punto e a capo” su ClassTV



Gianpiero Samorì, presidente dei Moderati in Rivoluzione (MIR), giovedì 28 novembre 2013, alle ore 19:30, sarà ospite della trasmissione “Punto e a capo” di ClassTV, visibile sul canale 27 del digitale terrestre, in replica alle ore 23:45.

Sondaggio Datamedia per il Tempo: in calo il PD e l'NCD di Alfano. Forza Italia sfiora il 20%. Il M5S si mantiene secondo partito. Centrodestra in vantaggio di un punto sul Centrosinistra.











mercoledì 27 novembre 2013

martedì 26 novembre 2013

PAOLO PAGLIARO - NOMINATO VICEPRESIDENTE DEL M.I.R.

Centrodestra tra vera e finta rifondazione

Il dibattito interno al PDL che sta caratterizzando la scena politica di questi giorni potrebbe diventare una grande opportunità per il Centrodestra italiano, a patto di voler cambiare davvero metodo di fare politica, in un tempo che lo pretende.
Lo stesso Berlusconi, costretto da eventi perfino più grandi di lui, ha davanti a sé l’occasione di rinnovare davvero il partito e raggiungere così un doppio risultato: quello di non cambiare solo l’etichetta di un soggetto politico, ma anche la stoffa e il modello; e quello di evitare che la Storia mandi in rassegna il suo contributo alla politica italiana classificandolo come ventennio da mettersi alle spalle in tutta fretta. La parola ventennio, infatti, comprende al suo interno tutti i limiti di un’attività pubblica che forse è davvero il caso di trasformare in qualcosa di diverso.
Le forze moderate e cattoliche del Paese non possono esaurirsi all’interno dello schema che qualcuno vorrebbe disegnare, uno schema fatto di scandali, guiai giudiziari e questioni familiari di un singolo individuo. Ed è un bene che l’asse si sposti su forze fresche e che il dibattito cominci ad assomigliare ad un qualcosa di più democratico.
La stessa ineluttabile necessità di veder costretto Silvio Berlusconi a scendere in campo di persona per poter vincere le elezioni è un elemento di chiara debolezza per tutto il Centrodestra che invece è un sistema più complesso del berlusconismo.
Tutto ciò riconoscendo a Berlusconi un carisma e un’intelligenza politica indiscutibili. Quella che gli vale la lealtà di Raffaele Fitto, il quale sta certamente lavorando per rinnovare il PDL, senza distruggere il Centrodestra come rischiano di fare altri.
Ma i moderati sono in cerca di nuove sfide, nuovi protocolli comportamentali, nuovi obiettivi programmatici, se mi è consentito, un po’ più alti rispetto a quelli che si sono visti fin qui.
Gli italiani moderati, ma direi tutti i cittadini, hanno bisogno di risposte adeguate ai tempi, di riforme, di istituzioni serie e forti, di un’economia robusta e vitale. Tutte cose che l’Italia sta perdendo e che fino ad ora nessuna forza politica ha veramente fatto in modo di trasformare in realtà.
Le sfide sono lì, pronte ad essere raccolte, ma si preferisce dividersi sul nome di PDL o Forza Italia o si attende di vedere che fine toccherà in sorte allo storico leader prima di muoversi per conto proprio. È chiaro che in questo scenario altre forze, certamente più sgangherate o estremiste, potrebbero avere il sopravvento.
Il Centrodestra ha una enorme responsabilità e deve preoccuparsi di ripartire sui binari giusti, perché altrimenti i treni buoni finiranno nelle mani dell’antipolitica che con pochi gesti e molta confusione è in grado di ribaltare le regole del gioco.
Maggiore partecipazione, quindi, e forze fresche, nuove energie, attori senza troppe rughe politiche e soprattutto espressione della società civile, gente con idee e coraggio.
Si può fare, come no. Chi dice il contrario è in mala fede. Si può fare se si mette al primo posto il bisogno di riscattare l’immagine della politica italiana. Se si punta con decisione e la giusta determinazione nella direzione delle riforme istituzionali.
Abbiamo bisogno di eliminare gli sprechi e gli Enti inutili. Ma non abbiamo bisogno di Governi che abbattono le Province con un colpo di spugna senza preoccuparsi del poi, abbiamo bisogno, invece, di Governi capaci di governare il cambiamento e mettersi al passo con l’Europa e il mondo.
Occorre un’attività di riorganizzazione dell’architettura statale a partire dalle regioni e di un lavoro di manutenzione politico amministrativa.
Un nuovo regionalismo di cui oggi discutiamo con maggiore serenità, finalmente. Senza dividerci tra campanili e primogeniture, ma nell’interesse dei territori. Dare all’Italia istituzioni solide e solide fondamenta per poter lavorare con i giusti mezzi alla causa della crescita e dello sviluppo.
Partiamo dalla abolizione dei mille carrozzoni che pesantemente ci trasciniamo dietro e che i cittadini sorreggono a volte inconsapevolmente, alleggeriamo le Regioni, autentiche fornaci della spesa pubblica, e avviciniamole al modello anglosassone di piccoli Stati autonomi, forti e inseriti in un sistema equilibrato, dove non ci siano Regioni potentissime e Regioni Cenerentola.
L’Italia viaggia a due velocità, perché regala ad alcune latitudini regioni come il Veneto e la Lombardia e ad altre regioni come il Molise e la Basilicata. Ma non è solo questione di dimensioni, anzi. È proprio quello il problema. Un territorio di oltre quattrocento km di lunghezza come la Puglia non si regge in piedi, gli amministratori non lo possono visitare tutto nemmeno una volta in due mandati governativi, con il rischio di dare qui e togliere altrove, senza nessun principio di civica equità.
Disegnare sulla carta è un conto, ma poi occorre rinnovare responsabilmente anche i gruppi e la classe dirigente, perché è chiaro che Regioni diverse con le stesse persone al comando non risolvono un bel niente.
Il Centrodestra ha da riflettere, ma deve farlo subito. Se mette mano al rinnovamento della sua dirigenza a vari livelli e punta sulla riorganizzazione dell’apparato burocratico statale, può diventare un’opera d’arte. Altrimenti rimarrà la solita vecchia crosta.

Samorì: gestione efficiente royalty e fiscalità agevolata''. Sulla sua 'ricchezza': ''Magari fossi il terzo più ricco d'Italia''

Un migliore utilizzo delle royalties del petrolio, zone a fiscalità agevolata e riduzione dei costi della politica. Potrebbe essere riassunta così la ricetta proposta alcuni giorni fa da Gianpiero Samorì  presidente di Moderati in Rivoluzione nel corso della sua visita in Basilicata che ha fatto tappa a Scanzano al Miceneo Palace Hotel.  Ha espresso, con una punta di amarezza, la sua opinione sull’esclusione della lista nel Materano: “Per una firma”. E poi ha aggiunto: “Prendere almeno un consigliere sarebbe già una bella medaglia al merito”.
“Un uso migliore delle riserve energetiche, le royalties del petrolio devono essere sfruttate meglio così come le risorse naturali di gas. Riparametrazione delle royalties più sui comuni che sulla regione. Risorse monetarie che andrebbero orientate verso lo sviluppo economico e occupazionale”, ha detto. Rispetto alle politiche occupazionali ha aggiunto:  “Incentivare le industrie di trasformazione e produzione che esistono in loco, inutile pensare ad aziende che non hanno attinenza con il territorio che così rischierebbe di essere deturpato. Grande impegno e massima concentrazione sul valore aggiunto che potrebbe offrire il turismo qualificato e lo sviluppo ecosostenibile in ambiente integro. Il ruolo dello Stato, in Basilicata e nel Mezzogiorno in generale, dev’essere quello di promuovere delle aree a fiscalità di vantaggio per le attività ad alto valore aggiunto. Come accaduto in Irlanda per esempio, in questo modo si attirerebbero aziende in grado di garantire un futuro a persone di elevata professionalità”.
Samorì, sollecitato dai cronisti, sul suo presunto terzo posto nelle classifiche nazionali dei più ricchi d’Italia, ha così commentato: “Dicono così ma non è vero. Magari fosse vero”, ha risposto con il sorriso. “Per mia sfortuna non sono il terzo uomo più ricco d’Italia, mi avrebbe fatto piacere. Solo i bugiardi  direbbero di non essere felici”.
Infine il suo appello affinché siano ridotte le spese della politica: “Solo la Camera dei Deputati in Italia, quest’anno,  è costata un miliardo e centottanta milioni di euro. La Francia per l’organo equivalente spende duecentoventi milioni di euro l’anno. La presidenza della Repubblica in Italia costa più di un miliardo allo Stato. In un momento di crisi come questo tutte le risorse andrebbero date alle imprese e alle famiglie”, ha concluso.

lunedì 25 novembre 2013

TUTTI A ROMA IL 27 NOVEMBRE IN VIA DEL PLEBISCITO!!!!!


Sondaggio Swg: la nascita del Nuovo Centro Destra e il ritorno di Forza Italia spingono il Centrodestra a +4 sul Centrosinistra. Calano sia Udc che Scelta Civica. Il M5S torna sotto il 20%


REAGIREMO CONTRO IL COLPO DI STATO


"La nota del Quirinale dimostra inequivocabilmente che il Presidente della Repubblica non intende utilizzare le prerogative che la Costituzione gli assegna al fine di sanare una grave ingiustizia, di rendere il merito dovuto a chi come nessun altro ha servito l’Italia sia nel campo economico che nella sfera politica e istituzionale, contribuendo al prestigio dell’Italia nel mondo e cercando di pacificare finalmente un Paese diviso da profonde contrapposizioni politiche.

Il capo dello Stato si assume in questo modo una grande responsabilità di fronte alla storia e al futuro dell’Italia. Intendiamo perciò confermare la volontà di proseguire senza tentennamenti una battaglia ferma e intransigente in Italia e in Europa a difesa della nostra democrazia e della nostra libertà. Una battaglia sempre più necessaria considerato che le più alte istituzioni di garanzia hanno rinunciato a garantire e tutelare una libertà minacciata da una magistratura divenuta un contropotere irresponsabile ed incontrollabile. Infine, quello che la sinistra progetta di far succedere in Senato davvero non si può chiamare altro che ’colpo di stato’".

venerdì 22 novembre 2013

Corteo No Tav a Roma ....... passato il limite

"Si è passato il limite". Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, non usa mezzi termini per condannare quanto avvenuto martedì pomeriggio nel cuore del centro storico di Roma, in occasione del vertice Italia-Francia, teatro di violenti scontri tra forze dell'ordine e manifestanti No tav e di due tentati assalti a sedi del Pd. L'inquilino di Palazzo Chigi esprime a chiare lettere la posizione del governo: "non credo che siano giustificabili in nessun modo le scene che abbiamo visto - ha proseguito Letta -. Lo dico davanti a tante parole giustificazioniste ascoltate" in questi mesi
Ma il ministro dell'Interno Angelino Alfano, senza usare mezzi termini, ribadisce che "la mano del governo sarà severissima e ferma contro chiunque voglia saccheggiare e devastare qualunque città italiana. Siamo lo Stato e siamo sempre più forti dell'anti-Stato". Il ministro, che oggi a Roma ha incontrato i vertici delle forze dell'ordine e il prefetto Giuseppe Pecoraro, ha aggiunto che "offriremo la massima collaborazione al sindaco Marino e garantiamo ai romani che faremo di tutto per far sì che la Capitale soffra sempre meno per cortei con finalità non sempre belle. Roma si trova a pagare un tributo per essere il luogo di raccolta delle varie manifestazioni del Paese".
Dopo gli episodi di ieri "sarà innalzato il livello di attenzione davanti le sedi del Pd nella Capitale, che sono comunque già presidiate", assicura il questore di Roma Fulvio della Rocca dopo l'incontro con il ministro Alfano. L'assalto ieri alla sede del Pd era stato duramente.
Intanto il bilancio di quanto avvenuto a Roma, in via dei Giubbonari, ad una manciata di metri da piazza Campo de Fiori e piazza Farnese, sede dell'ambasciata di Francia, parla di 8 feriti: sei agenti, un manifestante e un militante del Pd, quest'ultimo rimasto ferito durante il tentativo dei No Tav di fare irruzione nella storica sezione del partito .
Su quanto avvenuto la Procura ha aperto un fascicolo di indagine. E già ci sono i primi nomi di chi ha partecipato agli scontri. Una decina, tra cui anche alcuni organizzatori, sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale.

martedì 19 novembre 2013

Il papa: col progressismo arrivano i sacrifici umani

di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana, 19 novembre 2013

Di solito La nuova Bussola Quotidiana non commenta le omelie di Papa Francesco a Santa Marta, non perché un'omelia pontificia non sia Magistero - lo è -, ma perché non ne sono diffusi testi ufficiali ma solo riassunti giornalistici. Ogni regola però ha le sue eccezioni, e l'omelia del 18 novembre - di cui traiamo citazioni da Radio Vaticana - è così significativa che merita di non essere ignorata. Si tratta di una fortissima denuncia, nel solco di Benedetto XVI, di un «progressismo» che «negozia» la fedeltà al Signore, cede a diabolici «padroni del mondo» e finisce per appoggiare «leggi che proteggono sacrifici umani».
Il Pontefice parla spesso della mondanità spirituale - che non è l'amore del lusso (quella è la mondanità materiale) ma il compiere opere buone per mero umanitarismo e non per amore di Dio - e nell'omelia è tornato sulla «radice perversa» di questa mondanità. La lettura del giorno, tratta dal Primo Libro dei Maccabei, ci mostra «uomini perversi» che vogliono spingere Israele ad allearsi con i potenti del tempo, anche se sono nemici di Dio. Il discorso di questi perversi, ha detto il Papa, si può riassumere così: «Siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente».
Questo «spirito del progressismo adolescente» che si adatta ai poteri forti dominanti e «crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà» è la radice della perversità. Ed esiste ancora oggi. Il progressista «negozia» «la fedeltà al Dio sempre fedele», e questo negoziare la fedeltà al Signore, si chiama «apostasia» e «adulterio».
Con riferimento più che implicito a quanti criticavano il predecessore Benedetto XVI per l'espressione «valori non negoziabili», Papa Francesco ha detto che allontanandosi dai precetti del Signore per conformarsi ai poteri dominanti questi progressisti, a ben guardare, «non negoziano i valori ma negoziano la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità».
Come va a finire? La lettura biblica ce lo mostra: «accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». È quello che oggi si chiama il nuovo ordine mondiale, che però la Bibbia chiama «abominio di devastazione» e adorazione di idoli imposti dai più forti.
«Questo succede anche oggi?» si è chiesto il Pontefice. E ha risposto: «Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico». Nel brano del Primo Libro dei Maccabei si legge che «se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte», perché il re si era venduto ai nemici di Dio. «E questo - afferma il Papa - l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo». Anche oggi i cristiani rischiano la prigione o peggio se si rifiutano di negoziare la loro identità.
Il Pontefice ha citato un romanzo - non proprio progressista - del pastore anglicano, figlio dell'Arcivescovo di Canterbury, convertito al cattolicesimo e divenuto sacerdote cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914),«Il padrone del mondo», che fustiga precisamente i cristiani progressisti che cedono ai poteri forti e svendono la loro fede. Il romanzo, ha detto Francesco, denuncia giustamente «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia», uno spirito che minaccia la Chiesa ancora oggi. Infatti, ci sono ancora nella Chiesa - e sono tanti - coloro che pensano che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». Poi purtroppo «segue la storia»: la Bibbia mostra «le condanne a morte, i sacrifici umani». Sbaglia chi pensa che siano cose di un passato remoto, «Ma voi – ha chiesto il Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». Ogni riferimento all'aborto e al l'eutanasia non è casuale.
«Ma quello che ci consola - ha concluso il Papa - è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri».

lunedì 18 novembre 2013

Nuovo Centrodestra, Dorina Bianchi: tutti i cambi di partito

Nella nuova compagine di Alfano militano già persone che hanno un passato politico quantomeno variegato. La Bianchi è una di loro.

Nuovo Centrodestra, Dorina Bianchi: tutti i cambi di partito
Il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e compagnia non può che essere passato al setaccio, in questi giorni, per trovare curiosità, stranezze e simili. E non parliamo dell’enorme stupore che destano i passaggi post-berlusconiani dei fedelissimi Cicchitto, Giovanardi e Schifani (il cui significato andrà ben indagato e sviscerato). Ma di casi minori (non ce ne voglia nessuno), come, per esempio, quello di Dorina Bianchi.
La Bianchi, neuro-radiologo, pisana, si avvicina alla politica nel 2001. Con il Centro Cristiano Democratico (all’interno della Casa delle Libertà), candidata nel Collegio Uninominale di Crotone. Viene eletta superando il candidato dell’Ulivo per 85 voti e diventa deputata.
Nel 2002 passa all’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro, e ci rimane fino al 2005.
Poi, il grande salto: entra a far parte della Margherita, fino al 2007.
Coerentemente con il percorso, nel 2007 la vediamo aderire al Partito Democratico.
L’idillio dura fino al 2009, quando eccola ritornare all’Unione di Centro.
Nel 2011, sorpresa: è nel Popolo delle Libertà.
Nel 2013 aderisce al Nuovo Centrodestra di Alfano.
Da destra a sinistra come se fosse tutto uguale, senza passare dal via.

Ecco il Nuovo Centrodestra . . . . auguri! . . . . . . per un buon................ "futuro e libertà"

La squadra di deputati e senatori

- Sono 57 i "dissidenti" che hanno scelto di non aderire alla rinascita di Forza Italia. Trenta senatori e 27 deputati hanno seguito Angelino Alfano dando vita alla formazione del Nuovo Centrodestra: parlamentari "governisti", insomma, che hanno giurato fedeltà all'esecutivo di Enrico Letta. Ecco chi sono.
CAMERA
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Dorina Bianchi, Antonino Bosco,Raffaele Calabrò, Maurizio Cicchitto, Enrico Costa, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Filippo Piccone, Vincenzo Piso, Sergio Pizzolante, Barbara Saltamartini, Rosanna Scopelliti Raffaello Vignali.
SENATO
Renato Schifani, Piero Aiello, Andrea Augello, Antonio Azzolini, Laura Bianco, Giovanni Bilardi, Stefano Antonio Caridi, Federico Chiavaroli, Francesco Colucci, Luigi Compagna, Antonio D'Alì, Nico D'Ascola, Giuseppe Esposito, Roberto Formigoni, Antonio Gentile, Carlo Giovanardi, Giuseppe Marinello, Paolo Naccarato, Pippo Pagano, Gaetano Quagliariello, Luciano Rossi, Maurizio Sacconi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte.


sabato 16 novembre 2013

CHI SONO I TRADITORI . . . .

Lo strappo è servito. Lo psicodramma del Pdl si conclude, forse, nel peggiore dei modi possibili: la scissione. Forza Italia da un lato, Nuovo Centrodestra dall'altro. Silvio Berlusconi ha provato fino all'ultimo a preservare l'unità del partito, ma la missione è fallita. Le posizioni del Cavaliere e di Angelino Alfano, a partire da quelle sul governo e fino ad arrivare agli organigrammi del nuovo partito, erano inconciliabili. I rancori tra falchi e colombe hanno fatto il resto. Addio, dunque. O forse arrivederci, poiché Berlusconi ha invitato chi è restato con lui a non puntare il dito contro gli "strappisti", che alle prossime elezioni saranno alleati naturali di Forza Italia, "proprio come Fratelli d'Italia e la Lega Nord". Con Alfano se ne vanno diversi big del Pdl, che ora, nome per nome - e a partire dal leader - passiamo in rassegna: chi sono, cosa vogliono e che cosa faranno.
Angelino Alfano - Non si può non partire dall'ex segretario del Pdl, nonchè ex delfino del Cavaliere, attuale ministro dell'Interno e vicepremier. Anche Angelino ha provato a non rompere con Silvio, ma per i motivi già spiegati l'epilogo di questa mediazione è stato amaro. "Non avrei mai pensato di non aderire a Forza Italia - ha spiegato venerdì -, ma sono prevalse le forze esterne". Alfano, dunque, accusa i falchi per la rottura, Santanchè e Verdini in primis. Lui il leader naturale della nuova creatura, a lui i compiti più difficili: strategie e alleanze su tutti. Dovrà dimostrare di essere in grado di reggere la sfida. E dovrà anche guardarsi le spalle da chi lo vorrà subito detronizzare. La politica è una brutta bestia...
Maurizio Lupi - Ciellino, ministro delle Infrastrutture, grande mediatore, al pari di Alfano ha lavorato per l'unità, cercando di frenare chi - come Formigoni - voleva creare nuovi gruppi al più presto. Emblematico un tweet consegnato al web poco prima dell'ufficializzazione della rottura: "Le abbiamo provate tutte per stare uniti. Ma non si può gettare nel caos il Paese". Governista, nella nuova squadra di Alfano avrà un ruolo di primissimo piano.
Gaetano Quagliariello - Incarnazione del "colombismo", malvisto dai falchi per la sua presunta doppiezza, il ministroper le Riforme Istituzionali è stato uno dei più attivi per arrivare allo strappo (ricordiamoci il foglio "consegnato" agli obiettivi dei fotografi nel giorno della fiducia a Letta, sul quale raccoglieva le firme di chi era contrario alla spallata). Nonostante l'attivismo, l'ex radicale, cattolico, giura di aver provato fino all'ultimo ad evitare lo strappo: "Ringrazio Dio di avermi dato la forza di essere l'ultimo a trattare con Berlusconi - ha detto -. Se poi altri hanno vanificato il mio impegno non ho nulla da rimproverarmi". Venerdì, a Palazzo Grazioli, Quagliariello sembrava avesse convinto il Cav a sottoscrivere un documento che prevedeva di tenere separate sorti del partito da quelle del governo. Ma non è andata così.
Nunzia De Girolamo - Vittima di un travaglio interiore, il ministro dell'Agricoltura, grata e devota a Berlusconi, forse spinta dal suo ruolo nel governo, alla fine ha deviato lungo la strada battuta da Alfano. Nunzia, incarnazione delle larghe intese (il marito è il democratico Francesco Boccia), ha provato fino all'ultimo a sostenere tutte le buone ragioni per le quali la spaccatura era da evitare. Missione fallita. Ora spiega: "Ho difeso e difenderò Berlusconi fino in fondo, ma il Paese va governato e staremo al governo finché fa delle cose".
Beatrice Lorenzin - Il ministro della Sanità, pur contraria alla rottura, si è tenuta piuttosto defilata nelle schermaglie delle ultime settimane. Aveva però chiesto, per entrare in Forza Italia, regole di democrazia interna che permettessero una leale convivenza "tra anime diverse ma non incompatibili". Colombissima, di fronte allo spettro di un partito a trazione-Santanchè, senza pensarci, si è tenuta lo scranno ministeriale e la leadership di Alfano.
Roberto Formigoni - Il falco delle colombe, attivissimo, fin dal voto di fiducia, in vista della spaccatura, da lui reputata inevitabile. Da sempre in aspro contrasto con le anime più radicali del Pdl - leggasi, tra le varie, Mussolini e Santanchè - il ciellino ed ex governatore lombardo ha lavorato sodo contro i falchi. Per lui il nuovo partito con Alfano leader è "evoluzione naturale". Ora vuole le primarie: "Il candidato premier si sceglierà con le primarie". Nome pesantissimo e influentissimo, il senatore Formigoni, con le primarie, forse mira a prendersi la leadership degli strappisti.
Renato Schifani - Ormai ex capogruppo del Pdl al Senato, da molti attenti osservatori viene indicato come il vero cervello dietro l'operazione che ha portato alla scissione. E' solo una coincidenza, ma tutto iniziò con il suo rifiuto a leggere in Senato le motivazioni con il quale il Pdl annunciava la sfiducia a Letta il 2 ottobre (scelta poi sconfessata da Berlusconi in persona, che parlò al suo posto in aula). Pur da sempre fedele al Cav, di natura moderato, ha reputato che la situazione nel Pdl/Forza Italia, per lui e quelli come lui, fosse insostenibile. Meglio andarsene e sostenere l'area filo-governativa.
Fabrizio Cicchitto - Al pari di Schifani, è uno dei grandi manovratori che hanno portato alla scissione. Alfaniano convinto, l'ex socialista non ha mai mostrato la minima fiducia nella possibilità di trovare un'intesa con i falchi. In concomitanza con la rottura di venerdì, già spiegava: "Servono nuovi gruppi per creare, in prospettiva, un nuovo soggetto politico". Per Cicchitto, la nuova Forza Italia è una vecchia ricetta: "Tra oggi e il '94 tutto è diverso". Oggi, infatti, il suo leader è Alfano. Molto influente, Cicchitto sarà tra i primissimi protagonisti della nuova avventura.
Carlo Giovanardi - Il vulcanico ex democristiano, molto cattolico e altrettanto discusso, con la sua consueta spigliatezza, sin dal principio, si è schierato senza indugi con Alfano, lavorando i falchi ai fianchi. Lui avrebbe voluto rompere già un mese e mezzo fa, nei giorni della fiducia. La scissione non avvenne, ma non ha mai mostrato il minimo dubbio sulla possibilità che, prima o poi, sarebbe arrivata. Aveva ragione.

SI RIPARTE - FORZA ITALIA


venerdì 15 novembre 2013

il PD fischiato - - - - a MATERA fischiatissimo EPIFANI con i suoi


C'ERAVAMO TANTO ...... AMATI

COLLAGE DELLE IMMAGINI DI UN AMORE . . . . FINITO?
CHI LA SPUNTA?

IL CAPO .... CON L'INGRATO

CERTO CHE TI FA MALE LA TESTA!

BONI QUESTI!

FORZA ITALIA - FORZA SILVIO . . . . IL RESTO NULLA

CHI DICE COSE SENSATE E CHI . . . COSPIRA

LE POLTRONE NON SI VEDONO MA SONO ATTACCATE AI LORO C...

RIOTTOSI MA SINCERI E LEALI

BELLE SQUADRA . . . . DI TABURELLO

LUI PREGA . . . . MA ARRIVANO SOLO BENEDIZIONI

VIGNETTA . . . VERA

I VERI COSPIRATORI

COSA GLI DIRA' IL CAPO STAVOLTA?

SEMPRE CON TE SILVIO

Pdl: muro contro muro tra lealisti e governativi, scissione piu' vicina

''Al momento mi sembra difficile trovare un accordo''. Lo dichiara Fabrizio Cicchitto in serata, alla fine dell' ennesimo incontro del gruppo dei governativi del Pdl che tornera' a riunirsi oggi alle 13 per prendere una decisione definitiva alla vigilia del Consiglio nazionale di domani dove Silvio Berlusconi rilancera' Forza Italia. I ministri del Pdl e la componente governativa del partito potrebbero decidere di non partecipare a questo appuntamento. Si dichiara pessimista sul fronte opposto Paolo Romani che con Maurizio Gasparri ha incontrato a lungo Berlusconi: ''Non ci sono piu' le condizioni per arrivare a una mediazione''. Riunioni parallele ieri sera. Da un parte quella dei governativi con il vicepremier Angelino Alfano. Dall'altra, a palazzo Grazioli, quella tra Berlusconi e Raffaele Fitto, leader dei lealisti che seguirebbero il Cavaliere nel caso dovesse annunciare domani il ritiro dell'appoggio al governo. E' il problema del governo di larghe intese a restare il centro del dissenso tra le due ali del Pdl. ''Il partito dei falchi e' quello della crisi al buio. Dobbiamo mantenere separate le questioni della vita del governo dalla decadenza da senatore di Berlusconi. Difenderemo fino in fondo il Cavaliere, ma il governo deve restare una questione distinta'', avrebbe detto Alfano, secondo alcune indiscrezioni, nella riunione serale con i governativi. Il vicepremier punterebbe i piedi sulla posizione che va sostenendo da alcune settimane: massima solidarieta' a Berlusconi per quella che e' definita anche dai governativi una ''persecuzione giudiziaria'' ma lealta' al governo rispetto al quale non ci sarebbero alternative, se non la prospettiva di elezioni al buio nelle quali per altro Berlusconi non potrebbe candidarsi a guidare il centrodestra per via degli effetti della legge Severino dopo la sua decadenza dal Senato. Alfano avrebbe ripetuto per l'ennesima volta: ''Faremo battaglia per difendere Berlusconi fino alla fine''. Roberto Formigoni parla di divisioni insanabili: ''La scissione e' nelle cose, sia chiaro che l'hanno voluta i lealisti. E' colpa loro. Noi abbiamo dato segnali di apertura e non abbiamo ceduto alle provocazioni''. L'ex governatore della Lombardia sostiene che la proposta di separare i problemi giudiziari di Berlusconi dalle sorti del governo non sarebbe stata accettata dal Cavaliere: ''Non vogliamo che il Consiglio nazionale si trasformi in una rissa. Se non c'e' accordo, meglio non parteciparvi''. Il senatore Andrea Augello rilancia la palla nei pressi di palazzo Grazioli: ''Il presidente del Pdl faccia una proposta. La nostra posizione e' chiara ed e' quella che Berlusconi ha fatto propria il 2 ottobre''. Le condizioni poste dai governativi per una loro permanenza nel partito sono precise: un nuovo documento politico di rilancio di Forza Italia in cui si affermi la giustezza della battaglia contro la decadenza di Berlusconi confermando pero' che l'esecutivo puo' proseguire la sua marcia fino al 2015; l'inserimento nello Statuto del nuovo partito di un articolo che preveda due coordinatori da affiancare a Berlusconi (Alfano e Fitto) con il potere di controfirma delle liste elettorali di Forza Italia. Quest'ultima ipotesi servirebbe a rendere esplicito che all'interno del partito ci sono due componenti destinate a convivere dopo vent'anni in cui e' stato il solo Berlusconi a dettare la linea. Fitto, a nome dei lealisti, avrebbe invece proposto al Cavaliere di rendere il documento politico su cui si basa il rilancio di Forza Italia ancora piu' netto nella formulazione che esclude il sostegno al governo nel caso il Pd voti a favore della decadenza di Berlusconi dal Senato. I lealisti del Pdl sono convinti di avere con se' la maggioranza dei parlamentari del partito e dei componenti del Consiglio nazionale. Da qui il consiglio a Berlusconi di non accettare i compromessi proposti da Alfano che tra l'altro - dicono - prevederebbero una responsabilita' collettiva per la formazione delle liste togliendo questo potere al Cavaliere. Nessuna indiscrezione sulla decisione finale di Berlusconi, anche se i bookmakers di Montecitorio ritengono piu' probabile che l'ex premier domani possa accettare come inevitabile la scissione del Pdl nel momento in cui rilancia Forza Italia e cerca di ricreare intorno a se' l' entusiasmo del 1994, quando decise di scendere in campo nella competizione politica.

mercoledì 13 novembre 2013

«I cristiani uccisi sono proprio 100mila all'anno»

di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana, 13 novembre 2013


Il professor Todd Johnson è il successore del suo collega David Barrett (1927-2011), «Mr. Statistiche» per gli studiosi di scienze religiose di tutto il mondo, alla guida del Center for the Study of Global Christianity di South Hamilton, nel Massachusetts, un centro che è alle origini delle statistiche sul numero di aderenti alle varie religioni usate da un gran numero di università – e di Chiese e comunità religiose – su scala internazionale. Johnson sarà in Italia a dicembre per diversi impegni, e aprirà con una relazione magistrale un seminario sulla metodologia della statistica religiosa organizzato dall’Università Roma Tre in collaborazione con il CESNUR e con l’Accademia di Scienze Umane e Sociali il 16 dicembre.
Barrett e Johnson sono anche alle origini di quella che chiamano «martirologia», cioè la compilazione di statistiche sul numero di cristiani uccisi «in situazione di testimonianza», cioè uccisi in quanto cristiani. Questi morti cristiani sono stati, secondo Barrett e Johnson, settanta milioni dalla morte di Gesù Cristo all’anno 2000, di cui quarantacinque milioni concentrati nel ventesimo secolo. Il numero di cristiani uccisi è sceso nel ventesimo secolo, ma nel primo decennio 2000-2010 secondo Barrett sono ancora stati un milione, cioè 100.000 all’anno. Questa stima di una media calcolata su dieci anni era di 105.000 nel 2011 – anno in cui, commentando quelle statistiche a un convegno dell’Unione Europea, le tradussi nella formula, numericamente congrua rispetto alla cifra 105.000, di «un cristiano ucciso ogni cinque minuti» – mentre la stima di Johnson per il 2013, pubblicata nel numero 37/1 della sua pubblicazione «International Bulletin of Missionary Research» era di 100.000.
Periodicamente queste cifre sono attaccate, e da ultimo un servizio apparso sul sito della BBC dà l’impressione che lo stesso Johnson le abbia in qualche modo ridimensionate o ritrattate. Per chiarire come stanno le cose, ho intervistato lo stesso professor Johnson.
Professore, è vero che Lei ha smentito la sua celebre statistica dei 100.000 cristiani uccisi ogni anno?
Ma niente affatto. Può darsi che la giornalista della BBC non mi abbia capito bene, ma ho semplicemente spiegato che la statistica si riferisce a una media degli ultimi dieci anni. Non a un anno specifico. Pertanto la statistica che abbiamo pubblicato nel 2013 si riferisce alla somma dei morti dagli anni dal 2003 al 2012 divisa per dieci. E la somma divisa per dieci dà appunto come risultato 100.000. Se ci chiederanno al stessa stima l’anno prossimo, sommeremo i morti dal 2004 al 2013 e divideremo per dieci. Questa cifra è significativa di una tendenza molto più che non concentrarsi su un anno singolo, dove il dato può essere influenzato da variabili effimere, e si rischia di annunciare svolte decisive causate da singoli eventi positivi o negativi che non si ripeteranno negli anni successivi.
La BBC obietta che il 90% dei morti degli ultimi anni è stato ucciso nella Repubblica Democratica del Congo, dove è in corso una guerra civile. Che cosa risponde?
Per alcuni dei dieci anni presi in esame per la stima decennale è vero che il dato del Congo pesa fino al 70% – 90% è un’esagerazione, ma abbiamo sempre detto che il Congo pesa molto, non è una scoperta della BBC –, mentre se sulla scala del decennio prendiamo in esame altri anni un dato non meno importante era quello del Sud Sudan, dove in seguito le cose sono migliorate. Molti dei miei interventi recenti a congressi internazionali discutono la situazione in Congo, e il caso è interessante per spiegare il nostro metodo. Ci sono certamente casi in cui è difficile stabilire se le persone sono uccise in quanto cristiane o per ragioni etniche o politiche. In questo caso noi stimiamo il peso del fattore religioso e in base a questo fattore attribuiamo una percentuale del totale delle persone uccise a ragioni religiose. Per il Congo abbiamo stabilito – in modo molto prudenziale e conservatore – che il fattore religioso pesi per il venti per cento nelle ragioni che causano gli assassini. Dico prudenziale e conservatore perché abbiamo raccolto, sul campo, centinaia di testimonianze che parlano di persone uccise nelle chiese e uccise perché per ragioni religiose si rifiutano di arruolarsi nelle milizie o di farsi coinvolgere a forza in guerre che considerano ingiuste. Pertanto ogni anno non contiamo il cento per cento dei cristiani assassinati in Congo nelle nostre statistiche, ma solo il venti per cento. Adottiamo criteri simili per altri Paesi. I criteri si possono sempre discutere. Devo però confessare che non capisco bene le obiezioni che invitano a sottrarre i cristiani uccisi del Congo, come se fossero vittime di seconda classe rispetto a quelle di altri Paesi.
Ma la BBC obietta che non sono «martiri». È vero?La nozione di «martire» non è univoca. Per esempio la tradizione ebraica – che considera «martiri» le vittime dell’Olocausto – o quella islamica hanno un concetto di «martiri» più esteso di quello cristiano. Io sono protestante, ma so bene che la Chiesa Cattolica ha un concetto, invece, più restrittivo: «martire» è solo chi offre la vita volontariamente per la sua fede. Se qualcuno è vittima di una bomba che fa saltare in aria una chiesa o un locale frequentato da cristiani, per la Chiesa Cattolica non è necessariamente un «martire» mentre nel linguaggio di molti protestanti lo è. Siamo consapevoli di queste differenze terminologiche, e per questo oggi tendiamo a parlare meno di «martiri» e più di «persone uccise in situazioni di testimonianza».
Se la situazione in Congo migliorerà, la vostra media calcolata sugli ultimi dieci anni è destinata a scendere?
È probabile, e speriamo proprio che sia così. Ma vorrei aggiungere una parola di cautela. Quando la situazione è migliorata nel Sud Sudan, pensavamo di poter arrivare a stime molto più ridotte, ed ecco che è esplosa la situazione drammatica del Congo. La storia del cristianesimo negli ultimi due secoli non induce all’ottimismo: quando la violenza si attenua in un Paese, spesso esplode da qualche altra parte. Il fatto che i cristiani siano vittime di campagne di odio, discriminati, uccisi in numeri comunque alti in molte parti del mondo fa temere esplosioni di violenza prossime venture in altre aree geografiche.

martedì 12 novembre 2013

CULTURIAMO . . . . .

Se il marxista scopre le radici cristiane dell'Occidente
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C’è una pagina de All’origine della pretesa cristiana di Luigi Giussani che a mio avviso ha qualcosa da dire, tra l’altro, anche riguardo alla crisi in cui siamo oggi che - come acutamente ebbe a osservare Papa Francesco - prima che economica e politica, è antropologica. Si tratta del punto in cui Giussani cita un racconto mitico che sta alle origini della cultura europea, così come ce lo ripropone Mircea Eliade.

«Si tratta di un particolare della leggenda di Parsifal e del Re Pescatore. Si ricorda che il vecchio Re, detentore del segreto del Graal, era paralizzato da una malattia misteriosa. Non era del resto il solo a soffrire: intorno a lui tutto cadeva in rovina, andava in disfacimento, il palazzo, le torri, i giardini; gli animali non si moltiplicavano più, gli alberi non davano più frutti, le sorgenti si prosciugavano. Numerosi medici avevano cercato di curare il Re Pescatore senza il minimo risultato. Giorno e notte arrivavano cavalieri e tutti cominciavano col domandare notizie circa la salute del Re. Un unico cavaliere – povero, sconosciuto e perfino un po’ ridicolo – si permise di ignorare il cerimoniale e le buone maniere. Il suo nome era Parsifal. Senza tener conto del cerimoniale di corte si diresse direttamente verso il Re e senza alcun preambolo gli chiese: Dov’è il Graal?. In quell’istante tutto si trasforma: il Re si alza dal suo letto di sofferenza, l’acqua riprende a scorrere nei fiumi e nelle fontane, la vegetazione rinasce (…)».

Che cosa, osserva Giussani, con questo dettaglio della leggenda ci si vuole indicare? Che “non solo esiste un’intima solidarietà tra la vita universale e la salvezza dell’uomo” ma che “basta porsi il problema della salvezza, basta porsi il problema centrale, ovvero il problema, perché la vita cosmica si rigeneri in perpetuo”. 

Con riguardo al caso italiano, pur con tutti i dovuti limiti meritano in tale prospettiva di venire attentamente considerati gli esiti di un convegno che, per iniziativa della Fondazione Magna Carta, ebbe luogo lo scorso 26 ottobre a Norcia, la piccola città umbra patria di San Benedetto. Anche se (oscurato dalla “convention” di Matteo Renzi, svoltasi in quel medesimo giorno a Firenze nell’auditorium  che ha sede nell’ex-stazione Leopolda) il convegno di Norcia ha avuto scarsa eco, vale ciononostante la pena di riscoprirlo perché camminava proprio in tale direzione. Sul tema “A Cesare e a Dio, Ratzinger oltre Ratzinger” vi si sono incontrate nella circostanza due scuole di pensiero e di esperienza per vari aspetti assai diverse tra loro: da un lato i promotori di Magna Carta, Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella e altri, che si collocano nell’ambito del centrodestra; e dall’altro i “marxisti-ratzingeriani”, Giuseppe Vacca, Paolo Sorbi, Mario Tronti, noti tra l’altro per la “lettera aperta sull’emergenza antropologica” rivolta alla cultura e alla politica di sinistra che pubblicarono  nel 2011 insieme all’ora defunto Pietro Barcellona.

Gli uni e gli altri concordi tuttavia nel ritenere, come si leggeva nella «Traccia dei lavori» del convegno, che oggi “serve un pensiero forte che rimetta in condizione tutti noi di ripensare la realtà secondo presupposti chiari in grado di indirizzarla anziché lasciarla abbandonata a se stessa. La politica, sia a destra sia a sinistra, ne ha ugualmente e più che mai bisogno per perseguire il Bene Comune, non più frutto di astratte ideologie ma di concreti riferimenti che provengono dalla nostra tradizione e dalle nostre radici. Con il suo Pontificato, e ancor prima con la sua opera teologica, Joseph Ratzinger è stato interprete di questa necessità, declinata a partire da un comune richiamo, per laici e credenti, ai principi cristiani, condivisi dai popoli europei e unico antidoto al dilagante relativismo delle società contemporanee. Una riflessione, la sua, densa di significato e lungimirante nell’aver individuato le fragilità dell’Occidente, le stesse che lo avrebbero condotto verso la crisi endemica che sta attraversando”.

Al di là del fatto che i promotori del Convegno vedono con troppa preoccupazione il ritiro di Benedetto XVI, a mio avviso non cogliendo adeguatamente che egli non è una figura isolata bensì un anello, seppur importante, di una sequenza aurea che lo precede e lo segue, resta il fatto assai significativo e fecondo del comune riconoscimento del valore fondante per l’Occidente, e perciò per l’Italia, dell’eredità cristiana. E non solo come memoria ma anche come attuale presenza.

Chi volesse ulteriormente approfondire la questione può trovare direttamente sul sito www.magna-carta.it tutti i materiali del convegno, tra cui la relazione di Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci, dal titolo “Note di lettura della Lumen Gentium”, che è un documento senza precedenti nella storia della cultura politica italiana. A questo punto la domanda chiave che si pone è: come continuare? Al riguardo molto, se non tutto, dipende dalla capacità o meno di definire ambiti e  strumenti di riflessione che, pur essendo in prossimità del fare politico, né aspirino a coinvolgersi, né accettino di venire coinvolti nella dialettica politica immediata. Ambiti e strumenti che nella vita pubblica italiana oggi o mancano o non hanno adeguato sviluppo; e che quindi occorre far nascere e far crescere.

Robi Ronza

Berlusconi-Alfano, ormai è guerra

Angelino: “Il Pdl sostenga il governo anche con la decadenza”. Risposta durissima: finirai come Fini.

La scissione Pdl è ormai conclamata. Il solco tra i due protagonisti, Berlusconi e Alfano, non appare colmabile. Il vice-premier sostiene in tivù, ospite di Maria Latella, che è indispensabile per l’Italia mandare avanti Letta, e dentro le larghe intese la funzione del centrodestra risulta essenziale. Dunque, a provocare la crisi lui non ci pensa nemmeno. Il Cavaliere, dal canto suo, non rinuncia al proposito di lasciare la maggioranza.  

Si è convinto che lanciarsi all’attacco del governo gli conviene comunque, lo «status» di leader dell’opposizione sarebbe in fondo più decoroso che sostenere Letta senza voce in capitolo. Tra l’altro i suoi avvocati gli fanno credere che, nella veste di oppositore, i giudici ci andranno più cauti, altrimenti a suo sostegno interverrebbero le organizzazioni umanitarie mondiali... 

Insomma, le strade si separano. L’«Huffington Post» ha pubblicato a sera un’intervista del Cavaliere che non cita Alfano con nome e cognome, però gli lancia uno sprezzante ultimatum: torna subito indietro o seguirai la sorte di Fini. Dall’antifona si capisce subito dove Silvio vuole parare: «Come può pretendere il Partito democratico che i nostri senatori e i nostri ministri continuino a collaborare con chi, violando le leggi, compie un omicidio politico, assassina politicamente il leader dei moderati?». È l’annuncio del distacco dalla maggioranza, senza nemmeno bisogno di attendere il Consiglio nazionale sabato prossimo. Ed ecco l’affondo contro i dissenzienti: «Se si contraddicono i nostri elettori, non si va da nessuna parte. Anche Fini e altri ebbero due settimane di spazio sui giornali, ma poi è finita come è finita. Ripeto: è nel loro interesse ascoltare cosa dicono i nostri elettori, per non commettere errori che li segnerebbero per tutta la vita». Prepariamoci a una campagna molto aggressiva contro chi dovesse «tradire». 

Ma cosa aveva detto poco prima Alfano di talmente esplosivo da provocare un botto del genere? In modo assai civile, il vice-premier aveva snocciolato i 3 motivi per cui (secondo lui, si capisce) abbattere Letta sarebbe un tragico sbaglio. Nell’ordine: «Se cade il governo, ne arriva uno di sinistra-sinistra. Una scelta radicale ed estremista sarebbe difficile da far capire agli italiani. Contro Berlusconi arriverà l’interdizione in ogni caso, dunque andremmo al voto senza il nostro campione». La sintesi è che «le elezioni anticipate sarebbero un danno per l’Italia, per il partito e per Berlusconi medesimo». Prendendo tempo, viceversa, le cose forse cambierebbero. Nel 2014, il Cavaliere «potrebbe dimostrare la propria innocenza perché il caso non è chiuso, l’ordinamento giuridico prevede delle possibilità... Al prossimo giro potrebbe essere lui il nostro candidato premier... E comunque meriterebbe di fare il senatore a vita...». Nell’immediato, secondo Anfano, i ministri Pdl saranno «lo scudo contro gli errori che la sinistra commetterebbe». Esempio: «Senza di noi le frontiere sarebbero un colabrodo, si pagherebbe senza contanti», e sull’Imu sarebbe passata la linea di Saccomanni, insomma mano al portafogli per la seconda rata. 

Giusto il tempo di congedarsi dai telespettatori, ed ecco Angelino bersagliato da una gragnuola di dichiarazioni, alcune francamente insultanti. Tralasciando queste ultime, a dettare la svolta della giornata è stata la discesa in campo di Fitto, leader dei «lealisti». Durissimo. Spietato quasi quanto la Santanché (secondo la Pitonessa, Alfano ha «illustrato un programma vincente per correre alle primarie del Pd»). Sostiene Fitto: «La rotta di Alfano è chiaramente alternativa rispetto a quella indicata da Berlusconi. Da un lato si dà per acquisito il voto sulla sua decadenza. Dall’altro si finge di non vedere che la legge di stabilità reintroduce la tassa sulla casa». Fitto ha insistito con Berlusconi (già abbastanza propenso di suo) che una risposta ad Alfano non poteva mancare. Ed è arrivata dopo il tigì. Sintetizza un «falco» intelligente Osvaldo Napoli: «L’unità è una finzione, inutile prenderci in giro».

sabato 9 novembre 2013

buona domenica a tutti . . . . . facciamoci una risata . . . . .


LA RESA DEI CONTI . . . . . SABATO PROSSIMO AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL P.D.L.

COLLEGATI AL LINK PER LEGGERE LA CONVICAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL POPOLO DELLE LIBERTA' DEL PROSSIMO 16 NOVEMBRE 2013 . . . . . NASCERA' FORZA ITALIA NUOVAMENTE ...... E RIPARTIAMO
http://www.forzaitalia.it/speciali/consiglionazionale.pdf