CONVOCAZIONE ALLA PRIMA MANIFESTAZIONE DI COSAN !!!
Cari amici,
sabato 30 novembre alle ore 16, il Comitato Cosan farà la sua prima
manifestazione pubblica in via dell'Industria, davanti alla nuova
palestra (quella azzurra vicino al cinema) per dire alla città quanto
sono modenacentrici gli amministratori della sanità,
politici regionali e provinciali, aggiungendo poi quanto sono deboli e silenziosi i politici carpigiani.
La palestra non c'entra con la sanità, ma sarà presente Errani per l'inaugurazione, e lui sì che c'entra con la sanità.
Dopo la palestra ci sposteremo davanti al teatro ( dove pure ci sarà Errani per l'inaugurazione).
Il problema è che la Regione e l'ASL provinciale hanno destinato 75 milioni al Policlinico
di Modena, facendolo passare come danneggiato dal sisma, e 11 al
Ramazzini di Carpi che danneggiato lo è stato veramente. Continua una
politica sanitaria inadempiente rispetto allo stesso
piano ( PAL) che loro stessi avevano preparato.
Con 75 milioni si costruisce quasi un ospedale nuovo al servizio di Carpi e di tutta la Bassa.
Queste cifre le scriveremo su un lungo lenzuolo.
Siamo molto ARRABBIATI.
Se non diluvia, proviamo ad essere in tanti.
A sabato
venerdì 29 novembre 2013
TUTTI ALLA MANIFESTAZIONE DEL C.O.S.A.N. OGGI
CONDIVIDIAMO UNA MAIL INVIATA DAL CONSIGLIERE COMUNALE DI CARPI - ROBERTO BENATTI DI F.I.
giovedì 28 novembre 2013
Il Presidente Samorì ospite di “Punto e a capo” su ClassTV
Gianpiero Samorì, presidente dei Moderati in Rivoluzione (MIR), giovedì 28 novembre 2013,
alle ore 19:30, sarà ospite della trasmissione “Punto e a capo” di
ClassTV, visibile sul canale 27 del digitale terrestre, in replica alle
ore 23:45.
mercoledì 27 novembre 2013
Sondaggio Ipr per il Tg3: in difficoltà il Centrosinistra (con il calo di Pd e Sel), Nuovo Centrodestra all'8%, mentre il M5S cresce fino al 23,5%. Nave Popolare per l'Italia esordisce al 2,3%, mentre Nuova Alleanza Nazionale debutta al 2%
IL SENATO "ROSSO" SENTENZIA LA DECADENZA - VERGOGNAAAAAA!!!!!!!!!!!!!
IL M.I.R. DI SAMORI' ALLA MANIFESTAZIONE DEL 27 NOVEMBRE
SOLIDALI CON IL PRESIDENTE E CONSAPEVOLI DEL COLPO DI STATO IN CORSO
Sondaggio Ipsos per Ballarò: il PD stabilmente sopra il 30%. Forza Italia supera il M5S e torna secondo partito. In crescita l'NCD di Alfano, mentre cala il centro. Il Centrodestra si porta ad 1 punto di vantaggio sul Centrosinistra
martedì 26 novembre 2013
PAOLO PAGLIARO - NOMINATO VICEPRESIDENTE DEL M.I.R.
Centrodestra tra vera e finta rifondazione
Il dibattito interno al PDL che sta caratterizzando la scena politica
di questi giorni potrebbe diventare una grande opportunità per il
Centrodestra italiano, a patto di voler cambiare davvero metodo di fare politica, in un tempo che lo pretende.
Lo stesso Berlusconi, costretto da eventi perfino più grandi di lui,
ha davanti a sé l’occasione di rinnovare davvero il partito e
raggiungere così un doppio risultato: quello di non cambiare solo
l’etichetta di un soggetto politico, ma anche la stoffa e il modello; e
quello di evitare che la Storia mandi in rassegna il suo contributo alla
politica italiana classificandolo come ventennio da mettersi alle
spalle in tutta fretta. La parola ventennio, infatti, comprende
al suo interno tutti i limiti di un’attività pubblica che forse è
davvero il caso di trasformare in qualcosa di diverso.
Le forze moderate e cattoliche del Paese non possono esaurirsi
all’interno dello schema che qualcuno vorrebbe disegnare, uno schema
fatto di scandali, guiai giudiziari e questioni familiari di un singolo
individuo. Ed è un bene che l’asse si sposti su forze fresche e che il
dibattito cominci ad assomigliare ad un qualcosa di più democratico.
La stessa ineluttabile necessità di veder costretto Silvio Berlusconi
a scendere in campo di persona per poter vincere le elezioni è un
elemento di chiara debolezza per tutto il Centrodestra che invece è un
sistema più complesso del berlusconismo.
Tutto ciò riconoscendo a Berlusconi un carisma e un’intelligenza
politica indiscutibili. Quella che gli vale la lealtà di Raffaele Fitto,
il quale sta certamente lavorando per rinnovare il PDL, senza
distruggere il Centrodestra come rischiano di fare altri.
Ma i moderati sono in cerca di nuove sfide, nuovi protocolli comportamentali, nuovi obiettivi programmatici, se mi è consentito, un po’ più alti rispetto a quelli che si sono visti fin qui.
Gli italiani moderati, ma direi tutti i cittadini, hanno bisogno di
risposte adeguate ai tempi, di riforme, di istituzioni serie e forti, di
un’economia robusta e vitale. Tutte cose che l’Italia sta perdendo e
che fino ad ora nessuna forza politica ha veramente fatto in modo di
trasformare in realtà.
Le sfide sono lì, pronte ad essere raccolte, ma si preferisce
dividersi sul nome di PDL o Forza Italia o si attende di vedere che fine
toccherà in sorte allo storico leader prima di muoversi per conto
proprio. È chiaro che in questo scenario altre forze, certamente più
sgangherate o estremiste, potrebbero avere il sopravvento.
Il Centrodestra ha una enorme responsabilità e deve preoccuparsi di
ripartire sui binari giusti, perché altrimenti i treni buoni finiranno
nelle mani dell’antipolitica che con pochi gesti e molta confusione è in
grado di ribaltare le regole del gioco.
Maggiore partecipazione, quindi, e forze fresche, nuove energie,
attori senza troppe rughe politiche e soprattutto espressione della
società civile, gente con idee e coraggio.
Si può fare, come no. Chi dice il contrario è in mala fede. Si può
fare se si mette al primo posto il bisogno di riscattare l’immagine
della politica italiana. Se si punta con decisione e la giusta
determinazione nella direzione delle riforme istituzionali.
Abbiamo bisogno di eliminare gli sprechi e gli Enti
inutili. Ma non abbiamo bisogno di Governi che abbattono le Province con
un colpo di spugna senza preoccuparsi del poi, abbiamo bisogno, invece,
di Governi capaci di governare il cambiamento e mettersi al passo con
l’Europa e il mondo.
Occorre un’attività di riorganizzazione dell’architettura statale a
partire dalle regioni e di un lavoro di manutenzione politico
amministrativa.
Un nuovo regionalismo di cui oggi discutiamo con maggiore serenità,
finalmente. Senza dividerci tra campanili e primogeniture, ma
nell’interesse dei territori. Dare all’Italia istituzioni solide e
solide fondamenta per poter lavorare con i giusti mezzi alla causa della
crescita e dello sviluppo.
Partiamo dalla abolizione dei mille carrozzoni che pesantemente ci
trasciniamo dietro e che i cittadini sorreggono a volte
inconsapevolmente, alleggeriamo le Regioni, autentiche fornaci della
spesa pubblica, e avviciniamole al modello anglosassone di piccoli Stati
autonomi, forti e inseriti in un sistema equilibrato, dove non ci siano
Regioni potentissime e Regioni Cenerentola.
L’Italia viaggia a due velocità, perché regala ad alcune latitudini
regioni come il Veneto e la Lombardia e ad altre regioni come il Molise e
la Basilicata. Ma non è solo questione di dimensioni, anzi. È proprio
quello il problema. Un territorio di oltre quattrocento km di lunghezza
come la Puglia non si regge in piedi, gli amministratori non lo possono
visitare tutto nemmeno una volta in due mandati governativi, con il
rischio di dare qui e togliere altrove, senza nessun principio di civica
equità.
Disegnare sulla carta è un conto, ma poi occorre rinnovare
responsabilmente anche i gruppi e la classe dirigente, perché è chiaro
che Regioni diverse con le stesse persone al comando non risolvono un
bel niente.
Il Centrodestra ha da riflettere, ma deve farlo subito. Se mette mano
al rinnovamento della sua dirigenza a vari livelli e punta sulla
riorganizzazione dell’apparato burocratico statale, può diventare
un’opera d’arte. Altrimenti rimarrà la solita vecchia crosta.
Samorì: gestione efficiente royalty e fiscalità agevolata''. Sulla sua 'ricchezza': ''Magari fossi il terzo più ricco d'Italia''
Un migliore utilizzo delle royalties del petrolio, zone a fiscalità
agevolata e riduzione dei costi della politica. Potrebbe essere
riassunta così la ricetta proposta alcuni giorni fa da Gianpiero Samorì
presidente di Moderati in Rivoluzione nel corso della sua visita in
Basilicata che ha fatto tappa a Scanzano al Miceneo Palace Hotel. Ha
espresso, con una punta di amarezza, la sua opinione sull’esclusione
della lista nel Materano: “Per una firma”. E poi ha aggiunto: “Prendere
almeno un consigliere sarebbe già una bella medaglia al merito”.
“Un uso migliore delle riserve energetiche, le royalties del petrolio
devono essere sfruttate meglio così come le risorse naturali di gas.
Riparametrazione delle royalties più sui comuni che sulla regione.
Risorse monetarie che andrebbero orientate verso lo sviluppo economico e
occupazionale”, ha detto. Rispetto alle politiche occupazionali ha
aggiunto: “Incentivare le industrie di trasformazione e produzione che
esistono in loco, inutile pensare ad aziende che non hanno attinenza con
il territorio che così rischierebbe di essere deturpato. Grande impegno
e massima concentrazione sul valore aggiunto che potrebbe offrire il
turismo qualificato e lo sviluppo ecosostenibile in ambiente integro. Il
ruolo dello Stato, in Basilicata e nel Mezzogiorno in generale,
dev’essere quello di promuovere delle aree a fiscalità di vantaggio per
le attività ad alto valore aggiunto. Come accaduto in Irlanda per
esempio, in questo modo si attirerebbero aziende in grado di garantire
un futuro a persone di elevata professionalità”.
Samorì, sollecitato dai cronisti, sul suo presunto terzo posto nelle
classifiche nazionali dei più ricchi d’Italia, ha così commentato:
“Dicono così ma non è vero. Magari fosse vero”, ha risposto con il
sorriso. “Per mia sfortuna non sono il terzo uomo più ricco d’Italia, mi
avrebbe fatto piacere. Solo i bugiardi direbbero di non essere
felici”.
Infine il suo appello affinché siano ridotte le spese della politica:
“Solo la Camera dei Deputati in Italia, quest’anno, è costata un
miliardo e centottanta milioni di euro. La Francia per l’organo
equivalente spende duecentoventi milioni di euro l’anno. La presidenza
della Repubblica in Italia costa più di un miliardo allo Stato. In un
momento di crisi come questo tutte le risorse andrebbero date alle
imprese e alle famiglie”, ha concluso.
lunedì 25 novembre 2013
TUTTI A ROMA IL 27 NOVEMBRE IN VIA DEL PLEBISCITO!!!!!
REAGIREMO CONTRO IL COLPO DI STATO
"La nota del Quirinale dimostra inequivocabilmente che il Presidente
della Repubblica non intende utilizzare le prerogative che la
Costituzione gli assegna al fine di sanare una grave ingiustizia, di
rendere il merito dovuto a chi come nessun altro ha servito l’Italia sia
nel campo economico che nella sfera politica e istituzionale,
contribuendo al prestigio dell’Italia nel mondo e cercando di pacificare
finalmente un Paese diviso da profonde contrapposizioni politiche.
Il capo dello Stato si assume in questo modo una grande responsabilità di fronte alla storia e al futuro dell’Italia. Intendiamo perciò confermare la volontà di proseguire senza tentennamenti una battaglia ferma e intransigente in Italia e in Europa a difesa della nostra democrazia e della nostra libertà. Una battaglia sempre più necessaria considerato che le più alte istituzioni di garanzia hanno rinunciato a garantire e tutelare una libertà minacciata da una magistratura divenuta un contropotere irresponsabile ed incontrollabile. Infine, quello che la sinistra progetta di far succedere in Senato davvero non si può chiamare altro che ’colpo di stato’".
Il capo dello Stato si assume in questo modo una grande responsabilità di fronte alla storia e al futuro dell’Italia. Intendiamo perciò confermare la volontà di proseguire senza tentennamenti una battaglia ferma e intransigente in Italia e in Europa a difesa della nostra democrazia e della nostra libertà. Una battaglia sempre più necessaria considerato che le più alte istituzioni di garanzia hanno rinunciato a garantire e tutelare una libertà minacciata da una magistratura divenuta un contropotere irresponsabile ed incontrollabile. Infine, quello che la sinistra progetta di far succedere in Senato davvero non si può chiamare altro che ’colpo di stato’".
venerdì 22 novembre 2013
Corteo No Tav a Roma ....... passato il limite
"Si è passato il limite". Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, non
usa mezzi termini per condannare quanto avvenuto martedì pomeriggio nel
cuore del centro storico di Roma, in occasione del vertice
Italia-Francia, teatro di violenti scontri tra forze dell'ordine e manifestanti No tav e di due tentati assalti a sedi del Pd. L'inquilino di Palazzo Chigi
esprime a chiare lettere la posizione del governo: "non credo che siano
giustificabili in nessun modo le scene che abbiamo visto - ha proseguito
Letta -. Lo dico davanti a tante parole giustificazioniste ascoltate"
in questi mesi
Ma il ministro dell'Interno Angelino Alfano, senza usare mezzi
termini, ribadisce che "la mano del governo sarà severissima e ferma
contro chiunque voglia saccheggiare e devastare qualunque città
italiana. Siamo lo Stato e siamo sempre più forti dell'anti-Stato". Il
ministro, che oggi a Roma ha incontrato i vertici delle forze
dell'ordine e il prefetto Giuseppe Pecoraro, ha aggiunto che "offriremo
la massima collaborazione al sindaco Marino e garantiamo ai romani che
faremo di tutto per far sì che la Capitale soffra sempre meno per cortei
con finalità non sempre belle. Roma si trova a pagare un tributo per
essere il luogo di raccolta delle varie manifestazioni del Paese".
Dopo gli episodi di ieri "sarà innalzato il livello di attenzione
davanti le sedi del Pd nella Capitale, che sono comunque già
presidiate", assicura il questore di Roma Fulvio della Rocca dopo
l'incontro con il ministro Alfano. L'assalto ieri alla sede del Pd era
stato duramente.
Intanto il bilancio di quanto avvenuto a Roma, in via dei Giubbonari,
ad una manciata di metri da piazza Campo de Fiori e piazza Farnese,
sede dell'ambasciata di Francia, parla di 8 feriti: sei agenti, un
manifestante e un militante del Pd, quest'ultimo rimasto ferito durante
il tentativo dei No Tav di fare irruzione nella storica sezione del
partito .
Su quanto avvenuto la Procura ha aperto un fascicolo di indagine. E già
ci sono i primi nomi di chi ha partecipato agli scontri. Una decina,
tra cui anche alcuni organizzatori, sono stati denunciati per
manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale.
giovedì 21 novembre 2013
mercoledì 20 novembre 2013
Sondaggio Ipsos per Ballarò: il PD si conferma al 30%. Testa a testa tra il M5S e la nuova Forza Italia. La formazione di Alfano debutta al 7,8%. In calo i partiti minori. Il Centrodestra supera il Centrosinistra e diviene prima coalizione.
martedì 19 novembre 2013
Il papa: col progressismo arrivano i sacrifici umani
di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana, 19 novembre 2013
Di solito La nuova Bussola Quotidiana non commenta le omelie di Papa Francesco a Santa Marta,
non perché un'omelia pontificia non sia Magistero - lo è -, ma perché
non ne sono diffusi testi ufficiali ma solo riassunti giornalistici.
Ogni regola però ha le sue eccezioni, e l'omelia del 18 novembre - di
cui traiamo citazioni da Radio Vaticana - è così significativa che
merita di non essere ignorata. Si tratta di una fortissima denuncia, nel
solco di Benedetto XVI, di un «progressismo» che «negozia» la fedeltà
al Signore, cede a diabolici «padroni del mondo» e finisce per
appoggiare «leggi che proteggono sacrifici umani».
Il Pontefice parla spesso della mondanità spirituale
- che non è l'amore del lusso (quella è la mondanità materiale) ma il
compiere opere buone per mero umanitarismo e non per amore di Dio - e
nell'omelia è tornato sulla «radice perversa» di questa mondanità. La
lettura del giorno, tratta dal Primo Libro dei Maccabei, ci mostra
«uomini perversi» che vogliono spingere Israele ad allearsi con i
potenti del tempo, anche se sono nemici di Dio. Il discorso di questi
perversi, ha detto il Papa, si può riassumere così: «Siamo progressisti,
andiamo con il progresso dove va tutta la gente».
Questo «spirito del progressismo adolescente»
che si adatta ai poteri forti dominanti e «crede che andare avanti in
qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà» è
la radice della perversità. Ed esiste ancora oggi. Il progressista
«negozia» «la fedeltà al Dio sempre fedele», e questo negoziare la
fedeltà al Signore, si chiama «apostasia» e «adulterio».
Con riferimento più che implicito a quanti criticavano il predecessore Benedetto XVI
per l'espressione «valori non negoziabili», Papa Francesco ha detto che
allontanandosi dai precetti del Signore per conformarsi ai poteri
dominanti questi progressisti, a ben guardare, «non negoziano i valori
ma negoziano la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del
principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di
mondanità».
Come va a finire? La lettura biblica ce lo mostra:
«accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un
passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti
formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non
è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna
con le proprie usanze ma unite, è la globalizzazione dell’uniformità
egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto
della mondanità». È quello che oggi si chiama il nuovo ordine mondiale,
che però la Bibbia chiama «abominio di devastazione» e adorazione di
idoli imposti dai più forti.
«Questo succede anche oggi?» si è chiesto il Pontefice. E ha risposto: «Sì.
Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta
con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico». Nel brano
del Primo Libro dei Maccabei si legge che «se presso qualcuno veniva
trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la
sentenza del re lo condannava a morte», perché il re si era venduto ai
nemici di Dio. «E questo - afferma il Papa - l’abbiamo letto sui
giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo
Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la
propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo
che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo». Anche oggi i
cristiani rischiano la prigione o peggio se si rifiutano di negoziare la
loro identità.
Il Pontefice ha citato un romanzo
- non proprio progressista - del pastore anglicano, figlio
dell'Arcivescovo di Canterbury, convertito al cattolicesimo e divenuto
sacerdote cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914),«Il padrone del
mondo», che fustiga precisamente i cristiani progressisti che cedono ai
poteri forti e svendono la loro fede. Il romanzo, ha detto Francesco,
denuncia giustamente «quello spirito di mondanità che ci porta
all’apostasia», uno spirito che minaccia la Chiesa ancora oggi. Infatti,
ci sono ancora nella Chiesa - e sono tanti - coloro che pensano che
«dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno
tutti, con questo progressismo adolescente». Poi purtroppo «segue la
storia»: la Bibbia mostra «le condanne a morte, i sacrifici umani».
Sbaglia chi pensa che siano cose di un passato remoto, «Ma voi – ha
chiesto il Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani?
Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». Ogni
riferimento all'aborto e al l'eutanasia non è casuale.
«Ma quello che ci consola - ha concluso il Papa - è che davanti a questo cammino
che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di
infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il
Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando
noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo
spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo
popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo
il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da
questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia
andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto,
portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del
Signore andremo sicuri».
lunedì 18 novembre 2013
Nuovo Centrodestra, Dorina Bianchi: tutti i cambi di partito
Nella nuova compagine di Alfano militano già persone che hanno un passato politico quantomeno variegato. La Bianchi è una di loro.
Il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano
e compagnia non può che essere passato al setaccio, in questi giorni,
per trovare curiosità, stranezze e simili. E non parliamo dell’enorme
stupore che destano i passaggi post-berlusconiani dei fedelissimi
Cicchitto, Giovanardi e Schifani (il cui significato andrà ben indagato e
sviscerato). Ma di casi minori (non ce ne voglia nessuno), come, per esempio, quello di Dorina Bianchi.
La Bianchi, neuro-radiologo, pisana, si avvicina alla politica nel 2001. Con il Centro Cristiano Democratico
(all’interno della Casa delle Libertà), candidata nel Collegio
Uninominale di Crotone. Viene eletta superando il candidato dell’Ulivo
per 85 voti e diventa deputata.
Nel 2002 passa all’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro, e ci rimane fino al 2005.
Poi, il grande salto: entra a far parte della Margherita, fino al 2007.
Coerentemente con il percorso, nel 2007 la vediamo aderire al Partito Democratico.
L’idillio dura fino al 2009, quando eccola ritornare all’Unione di Centro.
Nel 2011, sorpresa: è nel Popolo delle Libertà.
Nel 2013 aderisce al Nuovo Centrodestra di Alfano.
Da destra a sinistra come se fosse tutto uguale, senza passare dal via.
Ecco il Nuovo Centrodestra . . . . auguri! . . . . . . per un buon................ "futuro e libertà"
La squadra di deputati e senatori
- Sono 57 i "dissidenti" che hanno
scelto di non aderire alla rinascita di Forza Italia. Trenta senatori e
27 deputati hanno seguito Angelino Alfano dando vita alla formazione del
Nuovo Centrodestra: parlamentari "governisti", insomma, che hanno
giurato fedeltà all'esecutivo di Enrico Letta. Ecco chi sono.
CAMERA
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Dorina Bianchi, Antonino Bosco,Raffaele Calabrò, Maurizio Cicchitto, Enrico Costa, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Filippo Piccone, Vincenzo Piso, Sergio Pizzolante, Barbara Saltamartini, Rosanna Scopelliti Raffaello Vignali.
SENATO
Renato Schifani, Piero Aiello, Andrea Augello, Antonio Azzolini, Laura Bianco, Giovanni Bilardi, Stefano Antonio Caridi, Federico Chiavaroli, Francesco Colucci, Luigi Compagna, Antonio D'Alì, Nico D'Ascola, Giuseppe Esposito, Roberto Formigoni, Antonio Gentile, Carlo Giovanardi, Giuseppe Marinello, Paolo Naccarato, Pippo Pagano, Gaetano Quagliariello, Luciano Rossi, Maurizio Sacconi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte.
CAMERA
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Dorina Bianchi, Antonino Bosco,Raffaele Calabrò, Maurizio Cicchitto, Enrico Costa, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Filippo Piccone, Vincenzo Piso, Sergio Pizzolante, Barbara Saltamartini, Rosanna Scopelliti Raffaello Vignali.
SENATO
Renato Schifani, Piero Aiello, Andrea Augello, Antonio Azzolini, Laura Bianco, Giovanni Bilardi, Stefano Antonio Caridi, Federico Chiavaroli, Francesco Colucci, Luigi Compagna, Antonio D'Alì, Nico D'Ascola, Giuseppe Esposito, Roberto Formigoni, Antonio Gentile, Carlo Giovanardi, Giuseppe Marinello, Paolo Naccarato, Pippo Pagano, Gaetano Quagliariello, Luciano Rossi, Maurizio Sacconi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte.
domenica 17 novembre 2013
sabato 16 novembre 2013 Sondaggio Datamedia per il Tempo: In lieve calo PD, Scelta Civica e FdI. Il PDL/Forza Italia si attesta al 23%, il M5S segue al 20,7%. Centrosinistra prima coalizione, con due punti di vantaggio sul Centrodestra.
sabato 16 novembre 2013
CHI SONO I TRADITORI . . . .
Lo strappo è servito. Lo psicodramma del Pdl si conclude, forse, nel peggiore dei modi possibili: la scissione. Forza Italia da un lato, Nuovo Centrodestra dall'altro. Silvio Berlusconi ha provato fino all'ultimo a preservare l'unità del partito, ma la missione è fallita. Le posizioni del Cavaliere e di Angelino Alfano,
a partire da quelle sul governo e fino ad arrivare agli organigrammi
del nuovo partito, erano inconciliabili. I rancori tra falchi e colombe
hanno fatto il resto. Addio, dunque. O forse arrivederci,
poiché Berlusconi ha invitato chi è restato con lui a non puntare il
dito contro gli "strappisti", che alle prossime elezioni saranno alleati naturali di
Forza Italia, "proprio come Fratelli d'Italia e la Lega Nord". Con
Alfano se ne vanno diversi big del Pdl, che ora, nome per nome - e a
partire dal leader - passiamo in rassegna: chi sono, cosa vogliono e che cosa faranno.
Angelino Alfano - Non si può non partire dall'ex
segretario del Pdl, nonchè ex delfino del Cavaliere, attuale ministro
dell'Interno e vicepremier. Anche Angelino ha provato a non rompere con
Silvio, ma per i motivi già spiegati l'epilogo di questa mediazione è
stato amaro. "Non avrei mai pensato di non aderire a Forza Italia - ha
spiegato venerdì -, ma sono prevalse le forze esterne". Alfano, dunque,
accusa i falchi per la rottura, Santanchè e Verdini in primis. Lui il
leader naturale della nuova creatura, a lui i compiti più difficili:
strategie e alleanze su tutti. Dovrà dimostrare di essere in grado di
reggere la sfida. E dovrà anche guardarsi le spalle da chi lo vorrà
subito detronizzare. La politica è una brutta bestia...
Maurizio Lupi - Ciellino, ministro delle
Infrastrutture, grande mediatore, al pari di Alfano ha lavorato per
l'unità, cercando di frenare chi - come Formigoni - voleva creare nuovi
gruppi al più presto. Emblematico un tweet consegnato al web poco prima
dell'ufficializzazione della rottura: "Le abbiamo provate tutte per
stare uniti. Ma non si può gettare nel caos il Paese". Governista, nella
nuova squadra di Alfano avrà un ruolo di primissimo piano.
Gaetano Quagliariello - Incarnazione del
"colombismo", malvisto dai falchi per la sua presunta doppiezza, il
ministroper le Riforme Istituzionali è stato uno dei più attivi per
arrivare allo strappo (ricordiamoci il foglio "consegnato" agli
obiettivi dei fotografi nel giorno della fiducia a Letta, sul quale
raccoglieva le firme di chi era contrario alla spallata). Nonostante
l'attivismo, l'ex radicale, cattolico, giura di aver provato fino
all'ultimo ad evitare lo strappo: "Ringrazio Dio di avermi dato la forza
di essere l'ultimo a trattare con Berlusconi - ha detto -. Se poi altri
hanno vanificato il mio impegno non ho nulla da rimproverarmi".
Venerdì, a Palazzo Grazioli, Quagliariello sembrava avesse convinto il
Cav a sottoscrivere un documento che prevedeva di tenere separate sorti
del partito da quelle del governo. Ma non è andata così.
Nunzia De Girolamo - Vittima di un travaglio
interiore, il ministro dell'Agricoltura, grata e devota a Berlusconi,
forse spinta dal suo ruolo nel governo, alla fine ha deviato lungo la
strada battuta da Alfano. Nunzia, incarnazione delle larghe intese (il
marito è il democratico Francesco Boccia), ha provato fino all'ultimo a
sostenere tutte le buone ragioni per le quali la spaccatura era da
evitare. Missione fallita. Ora spiega: "Ho difeso e difenderò Berlusconi
fino in fondo, ma il Paese va governato e staremo al governo finché fa
delle cose".
Beatrice Lorenzin - Il ministro della Sanità, pur
contraria alla rottura, si è tenuta piuttosto defilata nelle schermaglie
delle ultime settimane. Aveva però chiesto, per entrare in Forza
Italia, regole di democrazia interna che permettessero una leale
convivenza "tra anime diverse ma non incompatibili". Colombissima, di
fronte allo spettro di un partito a trazione-Santanchè, senza pensarci,
si è tenuta lo scranno ministeriale e la leadership di Alfano.
Roberto Formigoni - Il falco delle colombe,
attivissimo, fin dal voto di fiducia, in vista della spaccatura, da lui
reputata inevitabile. Da sempre in aspro contrasto con le anime più
radicali del Pdl - leggasi, tra le varie, Mussolini e Santanchè - il
ciellino ed ex governatore lombardo ha lavorato sodo contro i falchi.
Per lui il nuovo partito con Alfano leader è "evoluzione naturale". Ora
vuole le primarie: "Il candidato premier si sceglierà con le primarie".
Nome pesantissimo e influentissimo, il senatore Formigoni, con le
primarie, forse mira a prendersi la leadership degli strappisti.
Renato Schifani - Ormai ex capogruppo del Pdl al
Senato, da molti attenti osservatori viene indicato come il vero
cervello dietro l'operazione che ha portato alla scissione. E' solo una
coincidenza, ma tutto iniziò con il suo rifiuto a leggere in Senato le
motivazioni con il quale il Pdl annunciava la sfiducia a Letta il 2
ottobre (scelta poi sconfessata da Berlusconi in persona, che parlò al
suo posto in aula). Pur da sempre fedele al Cav, di natura moderato, ha
reputato che la situazione nel Pdl/Forza Italia, per lui e quelli come
lui, fosse insostenibile. Meglio andarsene e sostenere l'area
filo-governativa.
Fabrizio Cicchitto - Al pari di Schifani, è uno dei
grandi manovratori che hanno portato alla scissione. Alfaniano convinto,
l'ex socialista non ha mai mostrato la minima fiducia nella possibilità
di trovare un'intesa con i falchi. In concomitanza con la rottura di
venerdì, già spiegava: "Servono nuovi gruppi per creare, in prospettiva,
un nuovo soggetto politico". Per Cicchitto, la nuova Forza Italia è una
vecchia ricetta: "Tra oggi e il '94 tutto è diverso". Oggi, infatti, il
suo leader è Alfano. Molto influente, Cicchitto sarà tra i primissimi
protagonisti della nuova avventura.
Carlo Giovanardi - Il vulcanico ex democristiano,
molto cattolico e altrettanto discusso, con la sua consueta
spigliatezza, sin dal principio, si è schierato senza indugi con Alfano,
lavorando i falchi ai fianchi. Lui avrebbe voluto rompere già un mese e
mezzo fa, nei giorni della fiducia. La scissione non avvenne, ma non ha
mai mostrato il minimo dubbio sulla possibilità che, prima o poi,
sarebbe arrivata. Aveva ragione.
venerdì 15 novembre 2013
il PD fischiato - - - - a MATERA fischiatissimo EPIFANI con i suoi
C'ERAVAMO TANTO ...... AMATI
COLLAGE DELLE IMMAGINI DI UN AMORE . . . . FINITO?
CHI LA SPUNTA? |
IL CAPO .... CON L'INGRATO |
CERTO CHE TI FA MALE LA TESTA! |
BONI QUESTI! |
FORZA ITALIA - FORZA SILVIO . . . . IL RESTO NULLA |
CHI DICE COSE SENSATE E CHI . . . COSPIRA |
LE POLTRONE NON SI VEDONO MA SONO ATTACCATE AI LORO C... |
RIOTTOSI MA SINCERI E LEALI |
BELLE SQUADRA . . . . DI TABURELLO |
LUI PREGA . . . . MA ARRIVANO SOLO BENEDIZIONI |
VIGNETTA . . . VERA |
I VERI COSPIRATORI |
COSA GLI DIRA' IL CAPO STAVOLTA? |
SEMPRE CON TE SILVIO |
Pdl: muro contro muro tra lealisti e governativi, scissione piu' vicina
''Al momento mi sembra difficile trovare un accordo''. Lo dichiara
Fabrizio Cicchitto in serata, alla fine dell' ennesimo incontro del
gruppo dei governativi del Pdl che tornera' a riunirsi oggi alle 13 per
prendere una decisione definitiva alla vigilia del Consiglio nazionale
di domani dove Silvio Berlusconi rilancera' Forza Italia. I ministri del
Pdl e la componente governativa del partito potrebbero decidere di non
partecipare a questo appuntamento. Si dichiara pessimista sul fronte
opposto Paolo Romani che con Maurizio Gasparri ha incontrato a lungo
Berlusconi: ''Non ci sono piu' le condizioni per arrivare a una
mediazione''. Riunioni parallele ieri sera. Da un parte quella dei
governativi con il vicepremier Angelino Alfano. Dall'altra, a palazzo
Grazioli, quella tra Berlusconi e Raffaele Fitto, leader dei lealisti
che seguirebbero il Cavaliere nel caso dovesse annunciare domani il
ritiro dell'appoggio al governo. E' il problema del governo di larghe
intese a restare il centro del dissenso tra le due ali del Pdl. ''Il
partito dei falchi e' quello della crisi al buio. Dobbiamo mantenere
separate le questioni della vita del governo dalla decadenza da senatore
di Berlusconi. Difenderemo fino in fondo il Cavaliere, ma il
governo deve restare una questione distinta'', avrebbe detto Alfano,
secondo alcune indiscrezioni, nella riunione serale con i governativi.
Il vicepremier punterebbe i piedi sulla posizione che va sostenendo da
alcune settimane: massima solidarieta' a Berlusconi per quella che e'
definita anche dai governativi una ''persecuzione giudiziaria'' ma
lealta' al governo rispetto al quale non ci sarebbero alternative, se
non la prospettiva di elezioni al buio nelle quali per altro Berlusconi
non potrebbe candidarsi a guidare il centrodestra per via degli effetti
della legge Severino dopo la sua decadenza dal Senato. Alfano avrebbe
ripetuto per l'ennesima volta: ''Faremo battaglia per difendere
Berlusconi fino alla fine''. Roberto Formigoni parla di divisioni
insanabili: ''La scissione e' nelle cose, sia chiaro che l'hanno voluta i
lealisti. E' colpa loro. Noi abbiamo dato segnali di apertura e non
abbiamo ceduto alle provocazioni''. L'ex governatore della Lombardia
sostiene che la proposta di separare i problemi giudiziari di Berlusconi
dalle sorti del governo non sarebbe stata accettata dal Cavaliere:
''Non vogliamo che il Consiglio nazionale si trasformi in una rissa. Se
non c'e' accordo, meglio non parteciparvi''. Il senatore Andrea Augello
rilancia la palla nei pressi di palazzo Grazioli: ''Il presidente del
Pdl faccia una proposta. La nostra posizione e' chiara ed e' quella che
Berlusconi ha fatto propria il 2 ottobre''. Le condizioni poste dai
governativi per una loro permanenza nel partito sono precise: un nuovo
documento politico di rilancio di Forza Italia in cui si affermi la
giustezza della battaglia contro la decadenza di Berlusconi confermando
pero' che l'esecutivo puo' proseguire la sua marcia fino al 2015;
l'inserimento nello Statuto del nuovo partito di un articolo che preveda
due coordinatori da affiancare a Berlusconi (Alfano e Fitto) con il
potere di controfirma delle liste elettorali di Forza Italia.
Quest'ultima ipotesi servirebbe a rendere esplicito che all'interno del
partito ci sono due componenti destinate a convivere dopo vent'anni in
cui e' stato il solo Berlusconi a dettare la linea. Fitto, a nome dei
lealisti, avrebbe invece proposto al Cavaliere di rendere il documento
politico su cui si basa il rilancio di Forza Italia ancora piu' netto
nella formulazione che esclude il sostegno al governo nel caso il Pd
voti a favore della decadenza di Berlusconi dal Senato. I lealisti del
Pdl sono convinti di avere con se' la maggioranza dei parlamentari del
partito e dei componenti del Consiglio nazionale. Da qui il
consiglio a Berlusconi di non accettare i compromessi proposti da Alfano
che tra l'altro - dicono - prevederebbero una responsabilita'
collettiva per la formazione delle liste togliendo questo potere al
Cavaliere. Nessuna indiscrezione sulla decisione finale di Berlusconi,
anche se i bookmakers di Montecitorio ritengono piu' probabile che l'ex
premier domani possa accettare come inevitabile la scissione del Pdl nel
momento in cui rilancia Forza Italia e cerca di ricreare intorno a se'
l' entusiasmo del 1994, quando decise di scendere in campo nella
competizione politica.
mercoledì 13 novembre 2013
«I cristiani uccisi sono proprio 100mila all'anno»
di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana, 13 novembre 2013
Il professor Todd Johnson è
il successore del suo collega David Barrett (1927-2011), «Mr.
Statistiche» per gli studiosi di scienze religiose di tutto il mondo,
alla guida del Center for the Study of Global Christianity di South
Hamilton, nel Massachusetts, un centro che è alle origini delle
statistiche sul numero di aderenti alle varie religioni usate da un gran
numero di università – e di Chiese e comunità religiose – su scala
internazionale. Johnson sarà in Italia a dicembre per diversi impegni, e
aprirà con una relazione magistrale un seminario sulla
metodologia della statistica religiosa organizzato dall’Università Roma
Tre in collaborazione con il CESNUR e con l’Accademia di Scienze Umane e
Sociali il 16 dicembre.
Barrett e Johnson sono anche alle origini di quella che chiamano «martirologia»,
cioè la compilazione di statistiche sul numero di cristiani uccisi «in
situazione di testimonianza», cioè uccisi in quanto cristiani. Questi
morti cristiani sono stati, secondo Barrett e Johnson, settanta milioni
dalla morte di Gesù Cristo all’anno 2000, di cui quarantacinque milioni
concentrati nel ventesimo secolo. Il numero di cristiani uccisi è sceso
nel ventesimo secolo, ma nel primo decennio 2000-2010 secondo Barrett
sono ancora stati un milione, cioè 100.000 all’anno. Questa stima di una
media calcolata su dieci anni era di 105.000 nel 2011 – anno in cui,
commentando quelle statistiche a un convegno dell’Unione Europea, le
tradussi nella formula, numericamente congrua rispetto alla cifra
105.000, di «un cristiano ucciso ogni cinque minuti» – mentre la stima
di Johnson per il 2013, pubblicata nel numero 37/1 della sua
pubblicazione «International Bulletin of Missionary Research» era di
100.000.
Periodicamente queste cifre sono attaccate,
e da ultimo un servizio apparso sul sito della BBC dà l’impressione che
lo stesso Johnson le abbia in qualche modo ridimensionate o ritrattate.
Per chiarire come stanno le cose, ho intervistato lo stesso professor
Johnson.
Professore, è vero che Lei ha smentito la sua celebre statistica dei 100.000 cristiani uccisi ogni anno?
Ma niente affatto. Può darsi che la giornalista della BBC non mi abbia capito bene, ma ho semplicemente spiegato che la statistica si riferisce a una media degli ultimi dieci anni. Non a un anno specifico. Pertanto la statistica che abbiamo pubblicato nel 2013 si riferisce alla somma dei morti dagli anni dal 2003 al 2012 divisa per dieci. E la somma divisa per dieci dà appunto come risultato 100.000. Se ci chiederanno al stessa stima l’anno prossimo, sommeremo i morti dal 2004 al 2013 e divideremo per dieci. Questa cifra è significativa di una tendenza molto più che non concentrarsi su un anno singolo, dove il dato può essere influenzato da variabili effimere, e si rischia di annunciare svolte decisive causate da singoli eventi positivi o negativi che non si ripeteranno negli anni successivi.
Ma niente affatto. Può darsi che la giornalista della BBC non mi abbia capito bene, ma ho semplicemente spiegato che la statistica si riferisce a una media degli ultimi dieci anni. Non a un anno specifico. Pertanto la statistica che abbiamo pubblicato nel 2013 si riferisce alla somma dei morti dagli anni dal 2003 al 2012 divisa per dieci. E la somma divisa per dieci dà appunto come risultato 100.000. Se ci chiederanno al stessa stima l’anno prossimo, sommeremo i morti dal 2004 al 2013 e divideremo per dieci. Questa cifra è significativa di una tendenza molto più che non concentrarsi su un anno singolo, dove il dato può essere influenzato da variabili effimere, e si rischia di annunciare svolte decisive causate da singoli eventi positivi o negativi che non si ripeteranno negli anni successivi.
La
BBC obietta che il 90% dei morti degli ultimi anni è stato ucciso nella
Repubblica Democratica del Congo, dove è in corso una guerra civile.
Che cosa risponde?
Per alcuni dei dieci anni presi in esame per la stima decennale è vero che il dato del Congo pesa fino al 70% – 90% è un’esagerazione, ma abbiamo sempre detto che il Congo pesa molto, non è una scoperta della BBC –, mentre se sulla scala del decennio prendiamo in esame altri anni un dato non meno importante era quello del Sud Sudan, dove in seguito le cose sono migliorate. Molti dei miei interventi recenti a congressi internazionali discutono la situazione in Congo, e il caso è interessante per spiegare il nostro metodo. Ci sono certamente casi in cui è difficile stabilire se le persone sono uccise in quanto cristiane o per ragioni etniche o politiche. In questo caso noi stimiamo il peso del fattore religioso e in base a questo fattore attribuiamo una percentuale del totale delle persone uccise a ragioni religiose. Per il Congo abbiamo stabilito – in modo molto prudenziale e conservatore – che il fattore religioso pesi per il venti per cento nelle ragioni che causano gli assassini. Dico prudenziale e conservatore perché abbiamo raccolto, sul campo, centinaia di testimonianze che parlano di persone uccise nelle chiese e uccise perché per ragioni religiose si rifiutano di arruolarsi nelle milizie o di farsi coinvolgere a forza in guerre che considerano ingiuste. Pertanto ogni anno non contiamo il cento per cento dei cristiani assassinati in Congo nelle nostre statistiche, ma solo il venti per cento. Adottiamo criteri simili per altri Paesi. I criteri si possono sempre discutere. Devo però confessare che non capisco bene le obiezioni che invitano a sottrarre i cristiani uccisi del Congo, come se fossero vittime di seconda classe rispetto a quelle di altri Paesi.
Per alcuni dei dieci anni presi in esame per la stima decennale è vero che il dato del Congo pesa fino al 70% – 90% è un’esagerazione, ma abbiamo sempre detto che il Congo pesa molto, non è una scoperta della BBC –, mentre se sulla scala del decennio prendiamo in esame altri anni un dato non meno importante era quello del Sud Sudan, dove in seguito le cose sono migliorate. Molti dei miei interventi recenti a congressi internazionali discutono la situazione in Congo, e il caso è interessante per spiegare il nostro metodo. Ci sono certamente casi in cui è difficile stabilire se le persone sono uccise in quanto cristiane o per ragioni etniche o politiche. In questo caso noi stimiamo il peso del fattore religioso e in base a questo fattore attribuiamo una percentuale del totale delle persone uccise a ragioni religiose. Per il Congo abbiamo stabilito – in modo molto prudenziale e conservatore – che il fattore religioso pesi per il venti per cento nelle ragioni che causano gli assassini. Dico prudenziale e conservatore perché abbiamo raccolto, sul campo, centinaia di testimonianze che parlano di persone uccise nelle chiese e uccise perché per ragioni religiose si rifiutano di arruolarsi nelle milizie o di farsi coinvolgere a forza in guerre che considerano ingiuste. Pertanto ogni anno non contiamo il cento per cento dei cristiani assassinati in Congo nelle nostre statistiche, ma solo il venti per cento. Adottiamo criteri simili per altri Paesi. I criteri si possono sempre discutere. Devo però confessare che non capisco bene le obiezioni che invitano a sottrarre i cristiani uccisi del Congo, come se fossero vittime di seconda classe rispetto a quelle di altri Paesi.
Ma la BBC obietta che non sono «martiri». È vero?La
nozione di «martire» non è univoca. Per esempio la tradizione ebraica –
che considera «martiri» le vittime dell’Olocausto – o quella islamica
hanno un concetto di «martiri» più esteso di quello cristiano. Io sono
protestante, ma so bene che la Chiesa Cattolica ha un concetto, invece,
più restrittivo: «martire» è solo chi offre la vita volontariamente per
la sua fede. Se qualcuno è vittima di una bomba che fa saltare in aria
una chiesa o un locale frequentato da cristiani, per la Chiesa Cattolica
non è necessariamente un «martire» mentre nel linguaggio di molti
protestanti lo è. Siamo consapevoli di queste differenze terminologiche,
e per questo oggi tendiamo a parlare meno di «martiri» e più di
«persone uccise in situazioni di testimonianza».
Se la situazione in Congo migliorerà, la vostra media calcolata sugli ultimi dieci anni è destinata a scendere?
È
probabile, e speriamo proprio che sia così. Ma vorrei aggiungere una
parola di cautela. Quando la situazione è migliorata nel Sud Sudan,
pensavamo di poter arrivare a stime molto più ridotte, ed ecco che è
esplosa la situazione drammatica del Congo. La storia del cristianesimo
negli ultimi due secoli non induce all’ottimismo: quando la violenza si
attenua in un Paese, spesso esplode da qualche altra parte. Il fatto che
i cristiani siano vittime di campagne di odio, discriminati, uccisi in
numeri comunque alti in molte parti del mondo fa temere esplosioni di
violenza prossime venture in altre aree geografiche.
martedì 12 novembre 2013
CULTURIAMO . . . . .
Se il marxista scopre le radici cristiane dell'Occidente
---------------------------------------------
«Si tratta di un particolare della leggenda di Parsifal e del Re Pescatore. Si ricorda che il vecchio Re, detentore del segreto del Graal, era paralizzato da una malattia misteriosa. Non era del resto il solo a soffrire: intorno a lui tutto cadeva in rovina, andava in disfacimento, il palazzo, le torri, i giardini; gli animali non si moltiplicavano più, gli alberi non davano più frutti, le sorgenti si prosciugavano. Numerosi medici avevano cercato di curare il Re Pescatore senza il minimo risultato. Giorno e notte arrivavano cavalieri e tutti cominciavano col domandare notizie circa la salute del Re. Un unico cavaliere – povero, sconosciuto e perfino un po’ ridicolo – si permise di ignorare il cerimoniale e le buone maniere. Il suo nome era Parsifal. Senza tener conto del cerimoniale di corte si diresse direttamente verso il Re e senza alcun preambolo gli chiese: Dov’è il Graal?. In quell’istante tutto si trasforma: il Re si alza dal suo letto di sofferenza, l’acqua riprende a scorrere nei fiumi e nelle fontane, la vegetazione rinasce (…)».
Che cosa, osserva Giussani, con questo dettaglio della leggenda ci si vuole indicare? Che “non solo esiste un’intima solidarietà tra la vita universale e la salvezza dell’uomo” ma che “basta porsi il problema della salvezza, basta porsi il problema centrale, ovvero il problema, perché la vita cosmica si rigeneri in perpetuo”.
Con riguardo al caso italiano, pur con tutti i dovuti limiti meritano in tale prospettiva di venire attentamente considerati gli esiti di un convegno che, per iniziativa della Fondazione Magna Carta, ebbe luogo lo scorso 26 ottobre a Norcia, la piccola città umbra patria di San Benedetto. Anche se (oscurato dalla “convention” di Matteo Renzi, svoltasi in quel medesimo giorno a Firenze nell’auditorium che ha sede nell’ex-stazione Leopolda) il convegno di Norcia ha avuto scarsa eco, vale ciononostante la pena di riscoprirlo perché camminava proprio in tale direzione. Sul tema “A Cesare e a Dio, Ratzinger oltre Ratzinger” vi si sono incontrate nella circostanza due scuole di pensiero e di esperienza per vari aspetti assai diverse tra loro: da un lato i promotori di Magna Carta, Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella e altri, che si collocano nell’ambito del centrodestra; e dall’altro i “marxisti-ratzingeriani”, Giuseppe Vacca, Paolo Sorbi, Mario Tronti, noti tra l’altro per la “lettera aperta sull’emergenza antropologica” rivolta alla cultura e alla politica di sinistra che pubblicarono nel 2011 insieme all’ora defunto Pietro Barcellona.
Gli uni e gli altri concordi tuttavia nel ritenere, come si leggeva nella «Traccia dei lavori» del convegno, che oggi “serve un pensiero forte che rimetta in condizione tutti noi di ripensare la realtà secondo presupposti chiari in grado di indirizzarla anziché lasciarla abbandonata a se stessa. La politica, sia a destra sia a sinistra, ne ha ugualmente e più che mai bisogno per perseguire il Bene Comune, non più frutto di astratte ideologie ma di concreti riferimenti che provengono dalla nostra tradizione e dalle nostre radici. Con il suo Pontificato, e ancor prima con la sua opera teologica, Joseph Ratzinger è stato interprete di questa necessità, declinata a partire da un comune richiamo, per laici e credenti, ai principi cristiani, condivisi dai popoli europei e unico antidoto al dilagante relativismo delle società contemporanee. Una riflessione, la sua, densa di significato e lungimirante nell’aver individuato le fragilità dell’Occidente, le stesse che lo avrebbero condotto verso la crisi endemica che sta attraversando”.
Al di là del fatto che i promotori del Convegno vedono con troppa preoccupazione il ritiro di Benedetto XVI, a mio avviso non cogliendo adeguatamente che egli non è una figura isolata bensì un anello, seppur importante, di una sequenza aurea che lo precede e lo segue, resta il fatto assai significativo e fecondo del comune riconoscimento del valore fondante per l’Occidente, e perciò per l’Italia, dell’eredità cristiana. E non solo come memoria ma anche come attuale presenza.
Chi volesse ulteriormente approfondire la questione può trovare direttamente sul sito www.magna-carta.it tutti i materiali del convegno, tra cui la relazione di Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci, dal titolo “Note di lettura della Lumen Gentium”, che è un documento senza precedenti nella storia della cultura politica italiana. A questo punto la domanda chiave che si pone è: come continuare? Al riguardo molto, se non tutto, dipende dalla capacità o meno di definire ambiti e strumenti di riflessione che, pur essendo in prossimità del fare politico, né aspirino a coinvolgersi, né accettino di venire coinvolti nella dialettica politica immediata. Ambiti e strumenti che nella vita pubblica italiana oggi o mancano o non hanno adeguato sviluppo; e che quindi occorre far nascere e far crescere.
Robi Ronza
---------------------------------------------
C’è una pagina de All’origine della pretesa cristiana
di Luigi Giussani che a mio avviso ha qualcosa da dire, tra l’altro,
anche riguardo alla crisi in cui siamo oggi che - come acutamente ebbe a
osservare Papa Francesco - prima che economica e politica, è
antropologica. Si tratta del punto in cui Giussani cita un racconto
mitico che sta alle origini della cultura europea, così come ce lo
ripropone Mircea Eliade.
«Si tratta di un particolare della leggenda di Parsifal e del Re Pescatore. Si ricorda che il vecchio Re, detentore del segreto del Graal, era paralizzato da una malattia misteriosa. Non era del resto il solo a soffrire: intorno a lui tutto cadeva in rovina, andava in disfacimento, il palazzo, le torri, i giardini; gli animali non si moltiplicavano più, gli alberi non davano più frutti, le sorgenti si prosciugavano. Numerosi medici avevano cercato di curare il Re Pescatore senza il minimo risultato. Giorno e notte arrivavano cavalieri e tutti cominciavano col domandare notizie circa la salute del Re. Un unico cavaliere – povero, sconosciuto e perfino un po’ ridicolo – si permise di ignorare il cerimoniale e le buone maniere. Il suo nome era Parsifal. Senza tener conto del cerimoniale di corte si diresse direttamente verso il Re e senza alcun preambolo gli chiese: Dov’è il Graal?. In quell’istante tutto si trasforma: il Re si alza dal suo letto di sofferenza, l’acqua riprende a scorrere nei fiumi e nelle fontane, la vegetazione rinasce (…)».
Che cosa, osserva Giussani, con questo dettaglio della leggenda ci si vuole indicare? Che “non solo esiste un’intima solidarietà tra la vita universale e la salvezza dell’uomo” ma che “basta porsi il problema della salvezza, basta porsi il problema centrale, ovvero il problema, perché la vita cosmica si rigeneri in perpetuo”.
Con riguardo al caso italiano, pur con tutti i dovuti limiti meritano in tale prospettiva di venire attentamente considerati gli esiti di un convegno che, per iniziativa della Fondazione Magna Carta, ebbe luogo lo scorso 26 ottobre a Norcia, la piccola città umbra patria di San Benedetto. Anche se (oscurato dalla “convention” di Matteo Renzi, svoltasi in quel medesimo giorno a Firenze nell’auditorium che ha sede nell’ex-stazione Leopolda) il convegno di Norcia ha avuto scarsa eco, vale ciononostante la pena di riscoprirlo perché camminava proprio in tale direzione. Sul tema “A Cesare e a Dio, Ratzinger oltre Ratzinger” vi si sono incontrate nella circostanza due scuole di pensiero e di esperienza per vari aspetti assai diverse tra loro: da un lato i promotori di Magna Carta, Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella e altri, che si collocano nell’ambito del centrodestra; e dall’altro i “marxisti-ratzingeriani”, Giuseppe Vacca, Paolo Sorbi, Mario Tronti, noti tra l’altro per la “lettera aperta sull’emergenza antropologica” rivolta alla cultura e alla politica di sinistra che pubblicarono nel 2011 insieme all’ora defunto Pietro Barcellona.
Gli uni e gli altri concordi tuttavia nel ritenere, come si leggeva nella «Traccia dei lavori» del convegno, che oggi “serve un pensiero forte che rimetta in condizione tutti noi di ripensare la realtà secondo presupposti chiari in grado di indirizzarla anziché lasciarla abbandonata a se stessa. La politica, sia a destra sia a sinistra, ne ha ugualmente e più che mai bisogno per perseguire il Bene Comune, non più frutto di astratte ideologie ma di concreti riferimenti che provengono dalla nostra tradizione e dalle nostre radici. Con il suo Pontificato, e ancor prima con la sua opera teologica, Joseph Ratzinger è stato interprete di questa necessità, declinata a partire da un comune richiamo, per laici e credenti, ai principi cristiani, condivisi dai popoli europei e unico antidoto al dilagante relativismo delle società contemporanee. Una riflessione, la sua, densa di significato e lungimirante nell’aver individuato le fragilità dell’Occidente, le stesse che lo avrebbero condotto verso la crisi endemica che sta attraversando”.
Al di là del fatto che i promotori del Convegno vedono con troppa preoccupazione il ritiro di Benedetto XVI, a mio avviso non cogliendo adeguatamente che egli non è una figura isolata bensì un anello, seppur importante, di una sequenza aurea che lo precede e lo segue, resta il fatto assai significativo e fecondo del comune riconoscimento del valore fondante per l’Occidente, e perciò per l’Italia, dell’eredità cristiana. E non solo come memoria ma anche come attuale presenza.
Chi volesse ulteriormente approfondire la questione può trovare direttamente sul sito www.magna-carta.it tutti i materiali del convegno, tra cui la relazione di Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci, dal titolo “Note di lettura della Lumen Gentium”, che è un documento senza precedenti nella storia della cultura politica italiana. A questo punto la domanda chiave che si pone è: come continuare? Al riguardo molto, se non tutto, dipende dalla capacità o meno di definire ambiti e strumenti di riflessione che, pur essendo in prossimità del fare politico, né aspirino a coinvolgersi, né accettino di venire coinvolti nella dialettica politica immediata. Ambiti e strumenti che nella vita pubblica italiana oggi o mancano o non hanno adeguato sviluppo; e che quindi occorre far nascere e far crescere.
Robi Ronza
Berlusconi-Alfano, ormai è guerra
Angelino: “Il Pdl sostenga il governo anche con la decadenza”. Risposta durissima: finirai come Fini.
La scissione Pdl è ormai conclamata. Il solco tra i due
protagonisti, Berlusconi e Alfano, non appare colmabile. Il vice-premier
sostiene in tivù, ospite di Maria Latella, che è indispensabile per
l’Italia mandare avanti Letta, e dentro le larghe intese la funzione del
centrodestra risulta essenziale. Dunque, a provocare la crisi lui non
ci pensa nemmeno. Il Cavaliere, dal canto suo, non rinuncia al proposito
di lasciare la maggioranza.
Si è convinto che lanciarsi all’attacco del governo gli
conviene comunque, lo «status» di leader dell’opposizione sarebbe in
fondo più decoroso che sostenere Letta senza voce in capitolo. Tra
l’altro i suoi avvocati gli fanno credere che, nella veste di
oppositore, i giudici ci andranno più cauti, altrimenti a suo sostegno
interverrebbero le organizzazioni umanitarie mondiali...
Insomma, le strade si separano. L’«Huffington Post» ha
pubblicato a sera un’intervista del Cavaliere che non cita Alfano con
nome e cognome, però gli lancia uno sprezzante ultimatum: torna subito
indietro o seguirai la sorte di Fini. Dall’antifona si capisce subito
dove Silvio vuole parare: «Come può pretendere il Partito democratico
che i nostri senatori e i nostri ministri continuino a collaborare con
chi, violando le leggi, compie un omicidio politico, assassina
politicamente il leader dei moderati?». È l’annuncio del distacco dalla
maggioranza, senza nemmeno bisogno di attendere il Consiglio nazionale
sabato prossimo. Ed ecco l’affondo contro i dissenzienti: «Se si
contraddicono i nostri elettori, non si va da nessuna parte. Anche Fini e
altri ebbero due settimane di spazio sui giornali, ma poi è finita come
è finita. Ripeto: è nel loro interesse ascoltare cosa dicono i nostri
elettori, per non commettere errori che li segnerebbero per tutta la
vita». Prepariamoci a una campagna molto aggressiva contro chi dovesse
«tradire».
Ma cosa aveva detto poco prima Alfano di talmente esplosivo
da provocare un botto del genere? In modo assai civile, il vice-premier
aveva snocciolato i 3 motivi per cui (secondo lui, si capisce) abbattere
Letta sarebbe un tragico sbaglio. Nell’ordine: «Se cade il governo, ne
arriva uno di sinistra-sinistra. Una scelta radicale ed estremista
sarebbe difficile da far capire agli italiani. Contro Berlusconi
arriverà l’interdizione in ogni caso, dunque andremmo al voto senza il
nostro campione». La sintesi è che «le elezioni anticipate sarebbero un
danno per l’Italia, per il partito e per Berlusconi medesimo». Prendendo
tempo, viceversa, le cose forse cambierebbero. Nel 2014, il Cavaliere
«potrebbe dimostrare la propria innocenza perché il caso non è chiuso,
l’ordinamento giuridico prevede delle possibilità... Al prossimo giro
potrebbe essere lui il nostro candidato premier... E comunque
meriterebbe di fare il senatore a vita...». Nell’immediato, secondo
Anfano, i ministri Pdl saranno «lo scudo contro gli errori che la
sinistra commetterebbe». Esempio: «Senza di noi le frontiere sarebbero
un colabrodo, si pagherebbe senza contanti», e sull’Imu sarebbe passata
la linea di Saccomanni, insomma mano al portafogli per la seconda rata.
Giusto il tempo di congedarsi dai telespettatori, ed ecco
Angelino bersagliato da una gragnuola di dichiarazioni, alcune
francamente insultanti. Tralasciando queste ultime, a dettare la svolta
della giornata è stata la discesa in campo di Fitto, leader dei
«lealisti». Durissimo. Spietato quasi quanto la Santanché (secondo la
Pitonessa, Alfano ha «illustrato un programma vincente per correre alle
primarie del Pd»). Sostiene Fitto: «La rotta di Alfano è chiaramente
alternativa rispetto a quella indicata da Berlusconi. Da un lato si dà
per acquisito il voto sulla sua decadenza. Dall’altro si finge di non
vedere che la legge di stabilità reintroduce la tassa sulla casa». Fitto
ha insistito con Berlusconi (già abbastanza propenso di suo) che una
risposta ad Alfano non poteva mancare. Ed è arrivata dopo il tigì.
Sintetizza un «falco» intelligente Osvaldo Napoli: «L’unità è una
finzione, inutile prenderci in giro».
sabato 9 novembre 2013
buona domenica a tutti . . . . . facciamoci una risata . . . . .
LA RESA DEI CONTI . . . . . SABATO PROSSIMO AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL P.D.L.
COLLEGATI AL LINK PER LEGGERE LA CONVICAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL POPOLO DELLE LIBERTA' DEL PROSSIMO 16 NOVEMBRE 2013 . . . . . NASCERA' FORZA ITALIA NUOVAMENTE ...... E RIPARTIAMO
http://www.forzaitalia.it/speciali/consiglionazionale.pdf
http://www.forzaitalia.it/speciali/consiglionazionale.pdf
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