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sabato 15 dicembre 2012

INTERVISTA DI PIER FERDINANDO CASINI AL CORSERA


L’intervista di Pier Ferdinando Casini a Roberto Zuccolini per il Corriere della Sera.
Per Massimo D’Alema una candidatura di Mario Monti sarebbe «moralmente discutibile» perché tradirebbe la sua figura «al di sopra delle parti». Che cosa ne pensa il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini? 
«D’Alema ha usato termini forti che non mi piacciono. Sono rattristato da un’asprezza che sa tanto di intimidazione. Il Pd è strano: loro sono liberi di rinunciare a Monti e Monti non è libero di fare le scelte che ritiene doverose. E poi tutti dovrebbero astenersi dal tirarlo per la giacca. È un discorso valido anche per noi».
Ma come, non siete voi centristi a reclamarlo come vostro massimo punto di riferimento? 
«Sì. Noi pensiamo che questo governo non possa essere solo una parentesi. Dopo Monti non si ritorna al passato. Nulla sarà più come prima, che si candidi o meno».
Due prospettive diverse fra loro, che cambierebbero e di molto il rapporto tra le forze in campo alle prossime politiche. Che cosa vi aspettate dal presidente del Consiglio? 
«Il nostro progetto è limpido e va oltre le scelte personali di Monti. Offriremo agli italiani un programma che parta dal lavoro portato avanti dal suo governo. Per più di un anno è stato come il medico al capezzale di un malato grave. E per salvarlo ha somministrato la pesante medicina dei sacrifici. Sarebbe assurdo che dopo le elezioni questo malato, che è l’Italia, riprendesse la vita dissoluta di prima».
Ora si fanno avanti in tanti a reclamare la discesa in campo di Monti, anche Berlusconi che gli offre il sostegno di tutto il Pdl se si candidasse. Deve essere accolto da voi centristi? 
«Berlusconi in questi giorni fa cose incomprensibili e contraddittorie. Ad Alfano offre a intermittenza la leadership del Pdl, indice e disdice primarie, sfiducia Monti in Parlamento e poche ore dopo dice che era un semplice dissenso offrendogli il suo appoggio. Ad ogni modo la ricetta del presidente del Consiglio è incompatibile con quella del Cavaliere».
C’è comunque una parte del Pdl che sembra voler passare a un sostegno a Monti. 
«Ci sono tanti che hanno creduto nella rivoluzione liberale del ’94 e che negli anni si sono allontanati, come me, per una questione di fondo, perché i loro valori non erano in vendita. Altri si sono dissociati in questi giorni come Frattini, Pisanu e Mantovano votando la fiducia a Monti in dissenso con il Pdl. Altri ancora, di fronte alle ennesime piroette, manifestano un disagio profondo e reale. Tutti vanno rispettati».
Siete pronti quindi ad accogliere politici come Alemanno e Sacconi che fino a poco tempo fa erano più che critici nei confronti dell’Udc? 
«Non sono io che devo dare le pagelle, certo la contabilità degli insulti che ho ricevuto è così vasta che non posso permettermi di vivere di rancori».
Vi farete affiancare da una lista che rappresenti i pidiellini che guardano a Monti? 
«Vedremo. Quando queste scelte si materializzeranno esprimeremo un giudizio. Tutto è in movimento in questi giorni, basta guardare al mondo cattolico che si esprime con molta chiarezza, a partire dall’ Avvenire ».
Quali sono i vostri rapporti con Verso la Terza Repubblica, di Montezemolo, Riccardi e la società civile? 
«Ottimi e abbondanti. Non abbiamo mai ritenuto che la costruzione di un nuovo centro fosse un’avventura solitaria. Sarebbe un errore. Più l’alleanza è larga e condivisa meglio è. E sono contento che Montezemolo abbia riconosciuto a Reggio Emilia che l’Udc ha tenuto aperta questa prospettiva negli ultimi anni. Gli italiani mi conoscono per la faccia che ho, non posso fare la plastica. Loro si presenteranno per la prima volta e saranno posti al vaglio dell’elettorato».
L’Udc dal 2008 è al centro, ma stando ai sondaggi non sembra che abbia capitalizzato questa posizione, neanche dopo l’esperienza del governo Monti che avete appoggiato con convinzione. 
«Il sostegno alla politica dei sacrifici non incassa certo gli applausi della gente, ma si deve fare per il futuro dei nostri figli».
Il Pd però è cresciuto proprio durante il governo Monti. 
«Perché con le primarie ha presentato un’offerta multipla: il nuovismo di Renzi, la serietà di Bersani, l’ideologismo estremista di Vendola. Una sorta di supermarket che ha messo assieme ricette palesemente inconciliabili: la sinistra riformista non ha niente a che fare con chi manifesta contro la Tav, contro le liberalizzazioni, contro l’articolo 18».
Non crede che il vento dell’antipolitica, dal grillismo alla «rottamazione» di Renzi, suggerisca anche all’Udc un rinnovamento della sua nomenclatura, a partire dalle liste che presenterete? 
«Faremo liste rinnovate perché ciò è imposto dai tempi ma non cederemo alle sirene del grillismo. Offriremo la nostra serietà, la capacità di aver capito prima ciò che oggi tutti affermano. Siamo stati isolati ma i fatti ci hanno dato ragione. In fondo anche La Malfa e Spadolini non andavano oltre il 5 per cento, ma non mi sembra che la storia abbia di loro un giudizio negativo. Procederemo a un rinnovamento senza cancellare i meriti acquisiti. Vedremo caso per caso. Ci sono amici che hanno già dato la loro disponibilità a non ripresentarsi».
E Gianfranco Fini? 
«Io non do le pagelle a nessuno. Ma troppi dimenticano che senza di lui avremmo ancora Berlusconi».
Alla fine come vi presenterete al centro con una lista unitaria o diverse liste? 
«Sono tecnicalità che affronteremo al momento opportuno, quando il quadro politico sarà chiarito».
Cioè, quando Monti avrà sciolto la sua riserva. Ma quali saranno i rapporti con il Pd? È possibile un’alleanza? 
«Tutti sanno quanto stimi Bersani, ma in questi giorni emerge una vecchia tendenza del passato: si parla di incontro tra progressisti e moderati ma si vuole un centro piccolo, che non dia fastidio e che sia magari disponibile a fare sconti programmatici in cambio di qualche poltrona. Non è stato il mio caso in passato e non lo sarà in futuro. Vedo troppa nostalgia degli indipendenti di sinistra che ho conosciuto sui banchi del Pci. In realtà il Pd ha sottovalutato le conseguenze dell’alleanza con Vendola. Mi chiedo: che cosa ha in comune con Enrico Letta e Marco Follini?»
 E se si verificasse un «pareggio» al Senato, cosa farete?
«Noi gareggiamo per vincere, pur mettendo in conto la possibilità di non riuscirci. Non ha senso fare patti prima. Noi lottiamo con le nostre idee al centro, poi si vedrà. Certo, devo ricordare ai democratici che là dove hanno fatto scelte coraggiose alleandosi con noi, come nelle Marche o in Sicilia, la coalizione riformisti-moderati è risultata vincente».
Roberto Zuccolini

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