Mario Monti ha dichiarato chiusa l’esperienza del suo Governo prima dello scadere naturale della legislatura. Non ha accettato di farsi consumare da una campagna elettorale già cominciata, tesa ad addossare al Governo le responsabilità della crisi economica e i sacrifici che gli italiani debbono fare per evitare il baratro.
Venerdì scorso, alla Camera dei deputati, il segretario del Pdl,Angelino Alfano, ha fatto una dura requisitoria contro il Governo, salvando solo il rigore personale del suo presidente. La sfiducia si accompagna alla ridiscesa in campo di Berlusconi, dopo tante incertezze che hanno paralizzato un incipiente processo di depersonalizzazione del Pdl. Alfano ha affermato che la colpa del Governo è aver fatto una politica dettata dalla sinistra. Il che, come è noto, non è vero. Il Governo ha condotto una politica di risanamento, pur facendo i conti con un’alleanza composita di cui il Pdl era il socio di maggioranza.
Perché tornare indietro? Lo vogliono gli italiani? Le elezioni siciliane hanno mostrato che tanti ormai non votano perché non credono più in questa politica. È la sconfitta più grande della nostra democrazia. Manca il consenso morale necessario a una nuova coesione del Paese. L’Italia si riprenderà se animata da un nuovo spirito ricostruttivo. Il Governo Monti può essere l’inizio di una profonda stagione riformatrice. Ma la politica vuole abbandonare gli scenari della Seconda Repubblica?
La sinistra di Bersani sembra avere un’altra agenda. Il Governo Monti rischia di diventare una parentesi in cui i partiti hanno chiamato un saggio arbitro per un po’ di respiro. Invece Monti ha rappresentato il sentire di parecchi italiani. Gli attori politici e la società civile debbono verificare se c’è un consenso elettorale a questo sentire. In questi giorni si vedrà come ciascuno si prenderà le proprie responsabilità. Altrimenti, assisteremo a un prolungamento doloroso della Seconda Repubblica.
I partiti riflettano: non è un bene per nessuno. Soprattutto per gli italiani.
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